Gli aspetti legali delle operazioni militari all'estero

Giuseppe Governale
1. Premessa

L’evoluzione del sistema unipolare, da cui nell’ultimo decennio è scaturitoun rilevante incremento delle situazioni di potenziale conflitto internazionale,ha visto - com’è noto - accrescere progressivamente l’impegno delle ForzeArmate italiane in missioni operative esterne alla Madrepatria.Ne è derivata, già in concomitanza della prima missione interamente a guidaitaliana, l’Operazione “Alba” svoltasi in Albania dalla primavera all’estate del1997, l’esigenza di poter contare su un Comando in grado di pianificare, predisporree coordinare sul piano operativo l’impiego delle forze impegnate in Teatro.Dal giorno della sua iniziale costituzione - 13 agosto 1997 - il ComandoOperativo di vertice Interforze (C.O.I.) svolge un ruolo preminente, quale organodi staff operativo dedicato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, nel suo ruolo di Comandante in Capo che mantiene sempre il Comando Operativo(OPCOM) sulle forze nazionali impiegate anche per attività joint ed eventualmentecombined (1).L’attività del C.O.I., che si estrinseca nei riguardi di qualsiasi operazione eche prende avvio da apposita “Direttiva strategica di pianificazione” del Capodi SMD(2), determina, soprattutto nelle fasi di analisi dello scenario operativo,generazione delle forze e dispiegamento del Contingente, la necessità di curareanche gli aspetti giuridici e legali della missione, tra i quali quelli connessi alquadro normativo internazionale del Paese ospitante (Host Nation) e dell’ordinamentonazionale, affinché essi siano noti ai Comandanti ed agli organi di staffdei Reparti impiegati nelle missioni fuori Area.È per questo motivo che gli aspetti legali fanno parte integrante della“Direttiva Operativa Nazionale”, documento ufficiale prodotto dal C.O.I. chedisciplina tutti i possibili risvolti di ogni singola missione.

2. La valutazione del quadro normativo internazionale

L’analisi del quadro normativo internazionale prende l’avvio dalla valutazionedelle disposizioni contenute nei documenti che originano le missionifuori area.Per maggior chiarezza espositiva - a titolo di esempio - si farà di volta in voltariferimento alle operazioni più complesse che al momento prevedono l’impiegoanche delle Forze armate italiane: l’International Security Assistance Force (ISAF) inAfghanistan e quella denominata “Antica Babilonia” in Iraq, inquadrata, come sisa, nell’operazione Iraqi Freedom. Si tratta di missioni particolarmente importanti che, per il loro generaleconnotato di azioni di contrasto al terrorismo internazionale, si inquadranonelle c.d. “Military Operations Other Than War”, che sono state rivisitate alloscopo di rendere efficaci le tecniche di lotta a quella che si è rivelata una vera edel tutto nuova minaccia asimmetrica.Per meglio delineare le problematiche giuridiche e legali delle operazioni,appare appena il caso di ricapitolare, seppur brevemente, i passi salienti del contestointernazionale, che non può prescindere innanzitutto dall’esame delle Risoluzioni dell’ONU, che costituiscono gli atti di indirizzo, il vero e propriomandato giuridico, su cui si poggiano legittimamente le azioni diplomatiche ele operazioni militari.

a. Le Risoluzioni ONU per l’Afghanistan

Subito dopo gli avvenimenti dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti, invocandol’applicazione dell’articolo 5 del Trattato istitutivo della NATO in materiadi autodifesa(3), diedero luogo all’operazione Enduring Freedom, che si prefiggevalo scopo di distruggere il terrorismo internazionale di Al-Qaeda appoggiatodal regime talebano di Kabul.L’intervento militare venne preceduto e seguito da importanti pronunciamentidell’ONU.In primo luogo le Nazioni Unite, con la risoluzione 1368 del 12 settembre2001, affermarono l’importante principio che occorreva combattere contutti i mezzi le minacce alla pace provocate dagli atti terroristici. In tale contesto, ai sensi dell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite(4),dovevano considerarsi legittime le azioni di difesa collettiva contro gli attacchiarmati posti in essere contro i Paesi membri dell’ONU.L’operazione Enduring Freedom, che si sviluppò sotto l’egida dell’ONUpur in assenza di specifiche autorizzazioni delle Nazioni Unite ad impiegare laforza ai sensi dell’art. 42 della Carta(5), ebbe inizio l’8 ottobre 2001 quandoquindici Stati, tra cui l’Italia, diedero luogo ad una Coalition of the Willing(6),ponendo a disposizione contingenti da impiegare nel teatro di riferimento.Infine, con la risoluzione n. 1386 del 20 dicembre 2001 venne all’unanimitàautorizzata la missione ISAF, da compiersi in Kabul e nelle aree circostanti,per garantire la necessaria assistenza militare all’Autorità provvisoriadell’Afghanistan (che era stata posta alla guida politica del Paese a seguito dell’accordodi pace siglato a Bonn il 5 dicembre 2001 dai rappresentanti dellevarie etnie afghane). Dal dicembre 2001 sono seguite ulteriori Risoluzioni che hanno via viapreceduto e scandito le tappe della missione.In particolare, con la:- Risoluzione 1444 del 27 novembre 2002, constatato che la situazione inAfghanistan costituiva ancora una minaccia alla sicurezza internazionale, gliStati della coalizione ISAF venivano invitati a contribuire con personale, equipaggiamentied altre risorse, autorizzandoli ad assumere tutte le misure peradempiere al mandato; - Risoluzione 1510 del 13 ottobre 2003 si autorizzava, su richiestadell’Autorità afghana, l’ampliamento del mandato di ISAF per poter sostenereil governo transitorio al di fuori di Kabul e delle aree circostanti;- Risoluzione 1536 del 26 marzo 2004, preso atto della promulgazionedella Costituzione afghana, avvenuta il 4 gennaio precedente, si confermava lacentralità del ruolo delle Nazioni Unite nel processo di democratizzazione,auspicando l’effettuazione delle elezioni di definitiva legittimazione del nuovoStato, il quale avrebbe potuto estendere la sua autorità a tutto il territorio, disarmarele fazioni armate e riformare il comparto difesa e sicurezza;- Risoluzione 1589 del 24 marzo 2005, apprezzato il successo delle elezionipresidenziali del 9 ottobre 2004, veniva tra l’altro sottolineata l’importanzadi istituire una struttura per organizzare le libere elezioni (poi tenutesi comeannunciato il 18 settembre 2005) ed invitata la coalizione ad espandere iProvincial Reconstruction Team (PRT)(7), apprezzando lo sviluppo dell’esercitoe della polizia afghana - ANA e ANP(8) - con riferimento agli sforzi per assicurarela legalità nel Paese.In seguito all’emanazione del D.L. 28 dicembre 2001, n. 451 convertitocon modificazioni, nella legge 27 febbraio 2002, n. 15, successivamente piùvolte rinnovato e prorogato, l’Italia concorre alla costituzione di una Forza multinazionalecon il compito di assistere le Autorità afghane nel mantenere unambiente sicuro per consentire la piena realizzazione degli accordi di Bonn.

b. Le Risoluzioni ONU per l’Iraq

Come sappiamo, a seguito della caduta del regime di Saddam Hussein, ilConsiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite emanò una prima Risoluzione, la n.1483 del 22 maggio 2003, con la quale si riconobbe agli USA ed al Regno Unito lo status di potenze occupanti sotto un comando unificato, soggiungendoche altre Nazioni avrebbero potuto operare in qualità di alleate.Successivamente, nel confermare che la situazione irachena costituiva unaminaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale, la Risoluzione ONU n. 1511del 16 ottobre 2003, autorizzò la forza multinazionale ad assumere le misurenecessarie al mantenimento della sicurezza e della stabilità in Iraq, raccomandandoagli Stati membri di contribuire ad assistere la forza multinazionale e adaddestrare, ed equipaggiare la polizia e le forze di sicurezza irachene.L’Italia, dopo la conclusione delle operazioni belliche condotte daglianglo-americani, con la copertura legislativa del D.L. 10 luglio 2003, n. 165,tempestivamente convertito in legge, ha iniziato, con l’invio di un contingentemilitare, la sua partecipazione ad una missione che ha lo scopo di concorrere agarantire le condizioni di sicurezza e di realizzare interventi di stabilizzazionenell’area di competenza.Il richiamato Decreto Legge n. 165/2003 che ha autorizzato per la primavolta la missione è stato successivamente rinnovato e prorogato per ultimo conun provvedimento dello scorso luglio che ha sancito il definitivo rientro in Patria del contingente nazionale entro l’autunno del 2006.Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dopo circa un anno dalla suaprima decisione, è nuovamente intervenuto con la Risoluzione n. 1546 dell’8giugno 2004 che ha modificato il contesto internazionale, prevedendo la finedell’occupazione e la cessazione delle attività dell’Autorità provvisoria dellaCoalizione.La Risoluzione, ai tecnici ben conosciuta, ma che qui non appare superfluoevidenziare:- riafferma l’indipendenza, la sovranità, l’unità ed integrità territorialedell’Iraq e l’importanza dello stato di diritto, del rispetto dei diritti umani edelle libertà fondamentali;- prende atto della richiesta del Primo ministro del Governo provvisoriodell’Iraq con la quale si chiedeva che venisse mantenuta la presenza delleForze multinazionali (MNF) per proseguire gli sforzi tesi a contribuire almantenimento della sicurezza e della stabilità dell’Iraq, in conformità con ildiritto internazionale, compresi gli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario.Tra gli aspetti caratterizzanti, ai fini del nostro argomento, quello dell’esamedegli aspetti legali della missione, si evidenziano altresì, le previsioni:- della fine dell’occupazione entro il 30 giugno 2004 con la contestuale assunzione di Autorità da parte del Governo sovrano provvisorio iracheno;- della convocazione di una conferenza nazionale in cui si ponesse in lucela diversità della società irachena e lo svolgimento di elezioni democratiche;- della redazione di una bozza di Costituzione permanente che portasse adun Governo costituzionalmente eletto entro il 31 dicembre 2005;- che, permanendo la situazione di minaccia per la pace e la sicurezza alivello internazionale, la Forza Multinazionale (MNF) operasse, sotto il capo VII della Carta delle Nazioni Unite, con un comando unificato anche per prevenireforme di terrorismo e per garantire la protezione del territorio da attacchidi ribelli, combattenti stranieri e milizie illegali;- che la MNF per l’assolvimento del compito potesse condurre anche operazionicontro “ribelli”, potendoli internare se necessario per imprescindibilimotivi di sicurezza, proseguendo nella ricerca e nel sequestro di armi. Le attivitàindicate avrebbero dovuto svolgersi nel rispetto della sovranità irachena assumendo- se del caso - anche forme di coordinamento al livello nazionale, regionalee locale con le forze di sicurezza dell’Autorità irachena.

c. L’esame delle Convenzioni e regolamenti di diritto internazionale

Altro aspetto, da considerare attentamente per la sua rilevanza nel contestooperativo, è costituito dall’esame delle Convenzioni e dei regolamenti didiritto internazionale, con particolare riferimento alla tutela dei diritti dell’uomoche, regolati da norme di carattere convenzionale e consuetudinario, devonoessere rispettati dalla Comunità internazionale.Si tratta di argomenti dalla cui conoscenza - come si vedrà - non si puòprescindere quando ci si trovi ad agire in contesti multinazionali operanti all’internodi un Paese ospitante.In premessa, va subito evidenziato che il primo atto del corpo di normedei diritti dell’uomo cui far riferimento è costituito dalla Dichiarazione universale, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione217 A (III) del 10 dicembre 1948, che contiene l’elenco dei diritti civili, politici,economici, sociali e culturali di cui ogni individuo beneficia. Essa, essendo una“dichiarazione” (e non una decisione che ha carattere vincolante), non ha naturaobbligatoria per le Parti.Il primo documento a carattere cogente per i firmatari è, invece, rappresentatodal Patto sui diritti civili e politici e da quello sui diritti economici,sociali e culturali, entrambi firmati a New York nel 1966, che esplicitano dirittigià previsti dalla Dichiarazione universale.I diritti civili e politici, in particolare, sono costituiti da una serie di obblighi- quali il rispetto al diritto alla vita, il divieto della tortura e dei trattamentiinumani, il rispetto della libertà di opinione, ecc. - tipicamente negativi e diimmediata attuazione da parte degli Stati che partecipano con i loro contingenti.Il panorama internazionale presenta, inoltre, alcune norme consuetudinariee di diritto positivo che si riferiscono a violazioni gravi e che, come precisatodalla Corte internazionale di giustizia, generano obblighi validi per tutti inquanto vincolano gli Stati, avendo ognuno un interesse giuridico alla loro protezione.Le ipotesi di norme che generano tali obblighi sono il divieto dell’aggressionee la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, quali il divieto di genocidio,di schiavitù, di discriminazione razziale e altre pratiche disumane e degradanticome la tortura.In sede di pianificazione operativa gli aspetti legali devono tenere, pertanto,conto dell’impatto delle norme del diritto internazionale umanitario.In particolare, gli aspetti legali devono considerare la tipologia della missionee della coalizione partecipante in quanto non tutti gli Stati sono parti deglistessi strumenti convenzionali: ad es. Francia ed USA non hanno ratificato il IProtocollo Addizionale(9).A fattor comune è bene evidenziare che, per le missioni a guida ONU, è stata adottata una linea che impone di osservare e rispettare quanto meno i principie lo spirito delle convenzioni generali di diritto internazionale umanitario,i c.d. “principles and spirit”(10).Ciò, però, è da ritenersi la condizione minima, in quanto ogni Stato nazionaleè chiamato, in aggiunta, a rispettare le regole delle convenzioni recepite dalproprio ordinamento.Così, ad esempio, se una Forza delle Nazioni Unite dovesse comprenderecontingenti italiani e francesi, il contingente italiano dovrà rispettare “in toto”il I Protocollo Addizionale, di cui l’Italia è parte, mentre quello francese è tenutoa seguire solo le regole del I Protocollo divenute diritto internazionale consuetudinario.Le regole di diritto internazionale umanitario da rispettare a seconda deltipo di operazione hanno trovato razionalizzazione in un Bollettino diramatodal Segretario Generale dell’ONU il 6 agosto 1999.Si tratta di un documento di carattere interno che però costituisce un veroe proprio obbligo per i Comandanti di contingente che devono assicurarsi,secondo il rispettivo livello di responsabilità, che i membri delle Forze Armateposti sotto il loro Comando conoscano i doveri derivanti dalle norme di dirittointernazionale.Questo elenco fa riferimento ai casi in cui il contingente ONU operi inmissioni di peace-keeping(11) o in operazioni di peace-enforcing(12).La necessità di preservare il personale dell’ONU, operante nelle missioniinternazionali da ripetuti attacchi verificatisi negli anni novanta, ha determinatol’emanazione - nel 1994 - della Convenzione di New York con la quale si èimposto agli Stati di introdurre nei rispettivi ordinamenti apposite fattispeciecriminose per reprimere taluni crimini (es. omicidio e rapimenti) contro i partecipantidella missione fino a quando queste non comportino la conduzione diazioni coercitive implicanti l’uso della forza. Il Bollettino contiene una serie di disposizioni di particolare rilievo chevanno tenute in considerazione. Tra queste appare opportuno porre in evidenza:- la distinzione tra popolazione civile e combattente, cosicché risultanointerdette le rappresaglie e gli attacchi deliberati contro obiettivi non militari.Ne discende anche l’obbligo per i contingenti di non localizzare propri obiettivipresso aree densamente popolate;- il divieto di utilizzare mezzi e metodi di combattimento destinati a causaresofferenze non necessarie, effettuando un completo rinvio alle disposizioniche vietano l’impiego di gas asfissianti, tossici e munizionamenti particolari(tipo depleted uranium), di mine antiuomo, etc…;- il divieto di attaccare beni culturali e di distruggere i beni indispensabilialla sopravvivenza della popolazione civile;- l’esplicitazione del divieto di torture e trattamenti umilianti e/o degradanti;- l’applicazione della III Convenzione di Ginevra(13) nei confronti dellepersone detenute, con obbligo di assicurare adeguate condizioni di sussistenza;- la protezione da accordare a persone ferite o malate;- la previsione, per il personale del contingente che violi la legge internazionale,di sottoposizione alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria nazionale.A questo proposito va precisato che l’intervento dell’autorità dello Statod’invio del contingente deve intendersi obbligatorio anche in considerazione delleprevisioni dei vari Status of Forces Agreement (SOFA)(14) che sottraggono i militari ONU alla giurisdizione locale qualsiasi sia la fattispecie delittuosa commessa. Il Bollettino non si riferisce, invece, alle operazioni militari condotte al difuori del sistema delle Nazioni Unite, svolte previo consenso dello Stato ospitante,o a quelle per le quali il Consiglio di Sicurezza si è limitato a concedere adeterminati Stati l’autorizzazione a svolgere la missione. È questo il caso dell’operazione Iraqi Freedom (per l’Italia “AnticaBabilonia”), condotta da autonoma “Coalition of the willing”, sottratta alcomando e controllo dell’ONU, in cui trovano applicazione solo le convenzioniratificate dagli Stati le cui truppe partecipano alle operazioni.Nel caso dell’operazione “Antica Babilonia” la forza, nello svolgimentodelle sue attività, ha assunto il ruolo di parte attiva in operazioni militari. Cosicché quale Paese partecipante al contingente multinazionale è tenuto a farrispettare alle proprie truppe le pertinenti disposizioni del diritto internazionaleumanitario. Di recente le Nazioni Unite hanno emanato ulteriori importanti disposizionisia di indirizzo che vincolanti per gli Stati membri(15).

d. Lo Statuto della Corte Penale Internazionale

Con riferimento al panorama giuridico internazionale, un altro elementodi rilievo da considerare è lo Statuto della Corte Penale Internazionale(16).Sul punto è bene evidenziare che, in base all’art. 5, la Corte ha giurisdizionesui crimini contro l’umanità, quelli di guerra (nei conflitti armati internazionalio non internazionali) e sul genocidio. La Corte non ha “giurisdizione prioritaria” rispetto ai Tribunali nazionali,ma la sua competenza è fondata sul principio di “sussidiarietà”, nel senso chepuò giudicare solo nei casi in cui l’Autorità provvisoria non intenda iniziare leindagini ovvero non abbia le capacità di svolgerle correttamente o di intentareun procedimento.La Corte, inoltre, non ha giurisdizione universale, in quanto può giudicaresolo quando il crimine sia stato commesso o da un cittadino di uno Statoparte o nel territorio di uno stato parte.Un procedimento dinanzi alla Corte può essere attivato da uno Statoparte, dal Consiglio di Sicurezza o dal Procuratore cui spetta il potere di condurrele necessarie indagini.Pertanto, al verificarsi di uno o più dei crimini precedentemente indicati,il Comandante del Contingente nazionale avrà l’obbligo di informare l’AutoritàGiudiziaria militare italiana che provvederà a sua volta, eventualmente, ad interessarel’Ufficio del Procuratore presso la Corte Penale Internazionale.Sul punto va, peraltro, evidenziato come i più recenti SOFA predisposticon lo Stato territoriale ove il contingente nazionale è dispiegato, prevedono specificheclausole per impedire al citato Governo territoriale ed alla Corte PenaleInternazionale di esercitare la propria giurisdizione in relazione ad eventuali criminidi guerra commessi da appartenenti al contingente internazionale.In tali accordi si prevede usualmente che lo Stato non consegni alTribunale internazionale il personale appartenente alla missione ove difetti unesplicito consenso da parte dello Stato di appartenenza.Nell’ipotesi in cui vengano predisposte tali clausole, si pongono, pertanto,notevoli ostacoli all’esercizio della giurisdizione da parte dei tribunali internazionali.Con riferimento ai casi concreti si sottolinea che l’Iraq non è Stato partedello Statuto e pertanto viene meno la condizione di procedibilità mentre conriferimento all’operazione ISAF nel relativo Military technical agreement(MTA) è stato previsto che “l’Amministrazione interinale è d’accordo che ilpersonale di ISAF… non può essere consegnato o altrimenti trasferito allacustodia di tribunali internazionali… senza l’espresso consenso della nazionecontributrice”.

3. Il quadro normativo nazionale

a. La legislazione penale militare

La scelta del tipo di codice penale militare da applicare al personale partecipantealle operazioni militari fuori dal territorio nazionale si è rivelata, neltempo, questione particolarmente delicata e rilevante.In premessa è bene evidenziare che, fino al 2001, per determinare qualecodice penale si dovesse applicare ai componenti del contingente si è semprefatto riferimento all’art. 9 del c.p.m.g. approvato nel 1941, il quale sanciva che:“sono soggetti alla legge penale militare di guerra, ancorché in tempo di pace, icorpi di spedizione all’estero per operazioni militari, dal momento in cui si iniziail passaggio dei confini dello Stato…”.Per determinare le ipotesi concrete in cui l’art. 9 del c.p.m.g. potrebbe trovareattuazione, è stato effettuato un raffronto con l’art. 17 del c.p.m.p. Questa ultima norma stabilisce, in via generale, l’applicazione della leggepenale militare “…per i reati commessi in territorio estero di occupazione, soggiornoo transito delle forze armate dello Stato”.Dall’esame delle due disposizioni, l’art. 9 c.p.m.g. veniva a configurarsiquale norma a carattere speciale rispetto all’art. 17 c.p.m.p., cosicché nel solocaso in cui il contingente militare risultava inviato in territorio straniero persvolgere “operazioni militari” si poteva determinare, in tempo di pace, l’automaticopassaggio dall’ordinaria disciplina penale prevista nel c.p.m.p. a quella, più specifica, presente nel c.p.m.g.Malgrado la presenza delle due previsioni normative, a partire dalle missioniitaliane in Libano (prima occasione di invio all’estero di contingente nazionaledopo la 2^ guerra mondiale) si è sviluppato un acceso dibattito su quale regimegiuridico penale dovesse regolare le operazioni all’estero nelle quali l’Italia fosserisultata impegnata. Salvo il caso del Libano, per il quale il legislatore non provvidealcunché, in occasione dei successivi interventi all’estero la situazione di incertezzavenne risolta tramite l’espressa indicazione, usualmente contenuta all’internodei decreti legge con cui veniva disposta la copertura finanziaria della missione, che“…al personale militare… si applica il codice penale militare di pace”. Questa impostazione, peraltro, non è stata immune da critiche.Infatti, il richiamo normativo alle disposizioni del c.p.m.p. non consentedi fatto l’applicazione delle norme relative alla repressione delle violazioni deldiritto umanitario, che trovano la loro collocazione solo all’interno del c.p.m.g.,sotto la dizione “dei reati contro le leggi e gli usi di guerra” (Libro terzo, titoloquarto, dagli artt.165 al 230).L’impossibilità di utilizzare le apposite norme incriminatici presenti nelc.p.m.g. comporta difficoltà nella repressione di eventuali specifiche violazionicommesse da militari italiani. Infatti, in tali casi, i presunti responsabili possonoessere perseguiti o sulla base del c.p.m.p. (nel caso di reati militari) o da partedella magistratura ordinaria (nell’ipotesi di reati comuni) stanti però i vincoliposti dall’art. 9 c.p. alla punibilità di reati comuni commessi all’estero(17).Sicuramente un freno all’applicazione del c.p.m.g. è stato rappresentatodalla presenza all’interno del codice di numerose norme incriminatrici che potevanoportare alla comminazione della pena capitale nei confronti dell’imputato.Tuttavia con la legge 13 ottobre 1994, n. 589, il legislatore ha provvedutoad eliminare la pena di morte dal c.p.m.g.Nonostante tale modifica, però, anche nelle successive operazioni all’estero siè specificata l’applicazione del c.p.m.p. ai membri del contingente, anche in presenzadi missioni, quali la partecipazione italiana a “Desert Storm” e le operazioni inSomalia, ove era palese lo svolgersi di “operazioni militari” da parte del nostro contingente.L’atteggiamento del Parlamento, in relazione al regime giuridico da applicarsiai componenti di una missione militare all’estero, è cambiato per la prima voltain occasione della partecipazione di un contingente italiano all’operazione EnduringFreedom, a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001 che hanno indotto l’Italia,quale membro della NATO ad impegnarsi militarmente in Afghanistan.È stato, pertanto, approvato il decreto legge 1 dicembre 2001, n. 421, convertitodalla legge n. 6 del 31 gennaio 2002, che ha espressamente sancito l’applicazionedel codice penale militare di guerra al contingente ivi impiegato(18). È bene precisare che l’impegno internazionale assunto dal nostro Paesenella missione aveva caratteristiche che determinavano:- l’inderogabile esigenza di identificare con la massima rapidità uno strumentodi giustizia militare congruo e attuale prima della effettiva entrata inazione del nostro contingente nel teatro di operazioni;- la stringente necessità di evitare l’applicazione di norme inopportune dinon certa costituzionalità.Tutto ciò ha realizzato i presupposti per intervenire con mirate modifichesulla legge penale militare, adattandola al nuovo contesto tenendo presenti gliinteressi dei militari operanti e di coloro che avrebbero potuto essere lesi dalle stesseoperazioni militari. Si è, così, pervenuti ad una nuova formulazione dell’art. 9del codice penale di guerra, il quale dispone che siano soggetti alla legge penalemilitare di guerra i corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate.La su indicata previsione legislativa ha trovato applicazione anche per ilpersonale militare preposto a mansioni di comando e controllo e di supporto alcorpo di spedizione che resta nel territorio nazionale, o che si trovi nel territoriodi altri paesi, per i fatti commessi a causa o in occasione del servizio dalmomento in cui ad esso è comunicata l’assegnazione a dette funzioni.Ne deriva che, mentre il personale del corpo di spedizione - costituito dalcomplesso delle forze all’estero con autonomia d’impiego - è assoggettato appienoalla legge penale militare di guerra, quello sul territorio nazionale o sul territoriodi altri paesi è soggetto dal momento della comunicazione alle dette funzioni.Con riferimento alla giurisdizione, la competenza per i reati militari è stataconferita al Tribunale militare di Roma per il personale del corpo di operazionein Teatro(19), mentre per quello di comando e controllo in Madrepatria essa permaneai Tribunali militari nella cui circoscrizione i fatti siano stati commessi(20). In linea generale occorre evidenziare che l’eventuale possibilità di applicazionedelle norme del codice di guerra consente di tutelare i militari italiani equelli alleati rispetto ai crimini di guerra commessi ai loro danni dalle forzeopposte. Tali fattispecie delittuose risultano di competenza dell’autorità giudiziariamilitare nazionale per effetto delle disposizioni dell’art. 15 del c.p.m.g.,riformulate sempre dal decreto legge n. 421/2001.L’applicazione del codice di guerra ha anche condotto alla rivisitazionedelle disposizioni contenute nell’art. 165, per evitare che nelle operazioni l’usodella violenza si trasformasse in un’ingiustificata offesa di quei valori della personaumana, che risultavano tutelati dal diritto umanitario solo nei casi di formalestato di guerra.Oggi, per effetto della riformulazione dell’art. 165, le norme a tutela deiprincipi del diritto umanitario accolti nelle convenzioni internazionali sonoapplicabili, prescindendo dalla dichiarazione dello stato di guerra, in ogni casodi conflitto armato (quando, cioè, una almeno delle parti fa uso militarmenteorganizzato e prolungato delle armi nei confronti di un’altra per lo svolgimentodi operazioni belliche).Si è trattato di una modifica particolarmente importante perché ha consentitodi attenuare il rigido schematismo guerra-pace caratteristico dei nostricodici varati del resto, come sappiamo, in pieno conflitto mondiale.Lo sforzo di adeguare la legge alle convenzioni internazionali ha avuto altriimportanti effetti, che si sono tradotti in ulteriori modifiche al codice di guerra.Preliminarmente si evidenzia l’inasprimento della pena per gli atti di violenzacommessi dai militari italiani contro i “privati nemici” elevandola da duea cinque anni(21). Le suddette disposizioni si applicano, di converso, anche nei confronti dicoloro che commettono gli atti di violenza ai danni dello Stato italiano o di uncittadino italiano, o di uno Stato alleato.Con apprezzabile lungimiranza, rispetto a quelle incresciose situazioni chehanno coinvolto nel 2004 militari statunitensi in Iraq con riferimento ai notifatti di Abu Graib, il legislatore ha introdotto due fattispecie delittuose, l’art.184-bis ed il 185-bis, attraverso i quali rispettivamente si prevede la punibilitàdella cattura di ostaggi (l’intento è stato quello di preservare le popolazioni civiliinteressate dall’intervento militare italiano) e di quelle condotte vietate dalleconvenzioni internazionali quali i casi di tortura e di trattamenti inumani.Il legislatore ha, inoltre, voluto chiarificare la competenza tra giudice ordinarioe militare con riferimento ad alcuni episodi di presunta violazione delleleggi di guerra che in passato avevano trovato difficoltà di attribuzione, finendoper essere ricondotte alla competenza del giudice ordinario. Il riferimento adesempio è quello delle asserite violenze contro cittadini somali nell’ambito dellamissione UNOSOM II.È stato, conseguentemente, modificato l’art. 47 (aggiungendo ulteriori trecommi) che ha esteso la nozione di reato militare ad alcune violazioni individuateper la caratterizzazione e specificità dell’essere commesse abusando o a causadello status militare. Pertanto, costituisce reato militare, ai fini del Codice PenaleMilitare di Guerra - oltre alle violazioni delle norme dello stesso codice e delc.p.m.p. - ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenentealle Forze Armate contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione,l’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica, la fedepubblica, la moralità pubblica e il buon costume, la persona e il patrimonio.Sempre il modificato art. 47 prevede quale reato militare ogni altra violazionedella legge penale commessa dall’appartenente delle Forze Armate inluogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazionemilitare o di altro militare o di appartenente alla popolazionecivile che si trovi nei territori di operazioni all’estero. Infine, costituisce reatomilitare, ogni delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivie di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope,commesso in luogo militare. Per effetto delle integrazioni apportate con la legge sopra indicata, cheesclude l’applicazione del Libro IV relativo alla procedura penale militare diguerra, gli ufficiali di polizia giudiziaria militare, oltre che nei casi previsti dall’art.380, comma 1, del codice di procedura penale, procedono all’arresto dichiunque sia colto in flagranza di uno dei seguenti reati militari:- disobbedienza aggravata (art.173, comma 2, c.p.m.p.);- rivolta e ammutinamento (artt. 174 e 175 c.p.m.p.);- insubordinazione con violenza e violenza contro un inferiore (artt. 186e 195, comma 2, c.p.m.p.);- abbandono di posto, o violata consegna da parte di sentinella (art. 124 c.p.m.g.);- forzata consegna aggravata (art. 138 c.p.m.g.).Con la più volte citata Legge n. 6/02 è stata, inoltre, introdotta una specificadisciplina concernente l’arresto in flagranza e l’applicazione di misure coercitive, inconsiderazione della distanza fra il luogo dell’arresto, o d’applicazione della misuracoercitiva, e quello in cui ha sede il competente ufficio giudiziario militare(22). Qualora, in particolare, non sia possibile porre l’arrestato a disposizione dell’autoritàgiudiziaria militare, il verbale d’arresto deve giungere, anche con mezzitelematici, entro le successive quarantotto ore al pubblico ministero. Dovrà, inoltre,essere assicurato un collegamento video telematico od audiovisivo tra il luogodella temporanea custodia e l’ufficio del Pubblico Ministero o dell’aula per consentireal magistrato inquirente di procedere all’interrogatorio ed al giudice per leindagini preliminari di presiedere all’udienza di convalida. L’indicata normativaha anche previsto che, agli effetti del codice penale militare di guerra, nella denominazionedi “Stato alleato” s’intende compreso anche lo “Stato associato nelleoperazioni belliche o partecipante alla stessa operazione o campagna”(23).La disposizione mira ad un adeguamento della tutela penale nel caso dioperazioni militari multinazionali, nell’ambito delle quali il militare italiano siasubordinato a militari di altri Stati o ne abbia alle proprie dipendenze. Aglieffetti della legge penale di guerra, i reati commessi da militari italiani a dannodi militari o delle Forze Armate di uno Stato alleato, sono considerati, a condizionedi reciprocità, come se fossero commessi a danno di militari o delle ForzeArmate dello Stato italiano. Infine, con l’art. 2 della legge 18 marzo 2003, n.42, sono stati abrogati gli artt. 5, 10, 76, 80 e 86 del c.p.m.g.Ai soggetti estranei alle Forze Armate italiane (cittadini italiani e stranierinon appartenenti alla coalizione) si applica il Codice penale militare di pace neicasi di concorso nel reato con militari e limitatamente alle fattispecie oggetto delrichiamo contenuto nell’art. 14 c.p.m.p., tra le quali emergono le seguenti:- comunicazione all’estero di notizie non segrete né riservate (art. 94);- forzata consegna (art. 140);- resistenza, minaccia e ingiuria a sentinella, vedetta o scolta (art. 141);- violenza a sentinella, vedetta o scolta (art. 142);- impedimento a portatori di ordini militari (art.145).Poiché per gli estranei alle Forze Armate l’assoggettamento alla legge penalemilitare non coincide con la competenza della giurisdizione militare, per effettodell’art. 103 ultimo comma della Costituzione, nelle ipotesi indicate è previstal’informativa, per il tramite del Comandante di Corpo, alla Procura Militare di Roma, che interesserà la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario.Giova, a questo punto, porre in risalto che il Parlamento, in occasionedella conversione del decreto legge che autorizza le missioni internazionali delleForze armate per il secondo semestre 2006, ha ridefinito il quadro di riferimentopenale militare, prevedendo per il personale militare impiegato nelle operazioniall’estero, l’applicazione del codice penale militare di pace e dell’art. 9,commi 3, 4 - lettere da a) a d) - 5 e 6 del decreto legge n. 421/2001(24).Quest'ultimo provvedimento, sancito con legge 4 agosto 2006, n. 247,non consente, peraltro, il riferimento alle disposizioni contenute nel libro terzo,titolo quarto, del c.p.m.g., per ciò che concerne le violazioni alle norme riguardantiil diritto umanitario(25).

b. La legislazione penale comune

Con riferimento alla legislazione penale comune, occorre sottolineare che ilcodice penale all’art. 3 stabilisce l’obbligatorietà della legge penale italiana ancheper cittadini o stranieri che si trovano all’estero, ma limitatamente ai casi stabilitidalla legge o dal diritto internazionale. Lo stesso codice, inoltre, prevede agliartt. 7 e 10 la punizione secondo la legge italiana dello straniero che commettein territorio estero un reato ai danni dello Stato italiano o di un cittadino.Per l’applicazione della giurisdizione penale nazionale nei casi di violazionedei citati artt. 7 e 10 c.p., in assenza di accordi internazionali bilaterali,vanno seguite le norme previste dal libro XI - Rapporti giurisdizionali conAutorità straniere - del codice di procedura penale.Le predette disposizioni normative vanno integrate con il decreto legge 24giugno 2004, n. 160, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004che stabilisce per i reati commessi dallo straniero in territorio iracheno a dannodello Stato o di cittadini italiani la punibilità a richiesta del Ministro della Giustizia. Per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze Armate saràsentito, inoltre, il Ministro della Difesa(26).La competenza territoriale è del Tribunale ordinario di Roma.Al riguardo, va anche evidenziato che il Governo iracheno l’8 agosto 2004ha adottato un provvedimento legislativo che dispone formalmente il ricorsoalla pena capitale per alcuni reati (contro la sicurezza interna dello Stato, controla popolazione, utilizzo criminale di materiale biologico, omicidio premeditato,traffico di droga finalizzato al finanziamento di reti terroristiche, sequestridi persona) commessi da iracheni o da stranieri sul territorio nazionale.Sul punto non va sottaciuto che la Costituzione italiana non ammette la penadi morte (art. 27) e la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 223 del 27 giugno1996, ha conseguentemente dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2dell’art. 698 del c.p.p. che subordinava la consegna ad uno Stato estero di una persona- per l’esecuzione di una sentenza straniera che prevede la pena capitale - alrilascio, da parte di detto Stato, di sufficienti assicurazioni che tale pena non sarebbestata inflitta o eseguita. Alla luce del pronunciamento della Consulta, la consegnaalle Autorità irachene (ed a quelle afghane dove anche vige la pena di morte)può essere concessa solo per i fatti per i quali non è prevista la pena capitale.

c. Il Decreto Legge autorizzativo della missione

Gli aspetti tecnico legali delle missioni fanno inevitabilmente riferimento,come abbiamo visto, oltre che alle disposizioni dell’ordinamento giuridicointernazionale, anche al quadro normativo nazionale. Sempre in relazione all’operazione “Antica Babilonia” in Iraq, la disposizionenormativa di base è costituita da un decreto legge del 2003, prorogatoogni semestre: che ha autorizzato la missione di stabilizzazione e di ricostruzionedi quel Paese. L’ultimo provvedimento - come detto - emanato dal Parlamentoha previsto il rifinanziamento della missione fino al suo rientro, programmatoentro l’autunno del 2006.Le attività della missione, oltre ad assicurare interventi anche nei settorisanitario, delle infrastrutture, scolastico e della conservazione del patrimonioculturale, hanno mirato a realizzare iniziative, destinate al sostegno istituzionalee tecnico, concordate con il Governo iracheno.Al Capo della rappresentanza diplomatica italiana a Baghdad è stata affidatala direzione in loco della missione, mentre la componente militare, inserita nellaMNF, ha contribuito a garantire le condizioni di sicurezza per la prosecuzionedegli interventi umanitari a sostegno della popolazione. È stata anche prevista lapartecipazione di esperti militari italiani alla riorganizzazione del Ministero dellaDifesa iracheno ed alla formazione del personale delle Forze Armate di Bagdad.Il Comandante del Contingente Nazionale in Iraq, nei casi di urgenza enecessità, ha avuto conferita la competenza a disporre interventi urgenti e ricorreread acquisti e/o lavori da eseguirsi in economia anche in deroga alle disposizionidella contabilità generale dello Stato, attraverso organismi denominatiCentri Amministrativi d’Intendenza (CAI).

4. La direttiva del ministro

Sempre con riferimento agli aspetti legali delle operazioni internazionali,una particolare rilevanza assume l’esame della Direttiva del Ministro dellaDifesa con la quale il responsabile del Dicastero definisce i lineamenti fondamentalie caratteristici della missione.Il provvedimento del Ministro muove da premesse di carattere politicomilitare essenzialmente riconducibili:- alle risultanze di politica estera ed internazionale;- alle risoluzioni dell’ONU che delineano i limiti del mandato;- alla situazione dell’ambiente operativo in cui si è chiamati ad operare.La direttiva ministeriale, inoltre, tiene conto degli atti di indirizzo parlamentareconseguenti alle comunicazioni del Governo, in ordine all’invio in areadi operazioni di un contingente militare.Nel documento vengono puntualmente delineati i compiti che dovrannoessere svolti dal contingente e che si inquadrano nei limiti del mandato internazionalee parlamentare. Essi, ad esempio, riguardano di norma la costituzioneed il mantenimento di un efficace quadro di sicurezza; l’assistenza e l’addestramentodelle Forze Armate e di sicurezza del Paese ospitante; il concorso al ripristinodelle infrastrutture pubbliche, ecc.La direttiva, infine, nel delineare le forme di collegamento con i comandidella Coalizione, dispone tra l’altro di:- accertare che le Regole di Ingaggio (RoE), nel rispetto della legislazioneinternazionale e nazionale ed in coerenza con quelle delle forze cooperanti, assicurinole condizioni per l’adempimento dei compiti ed il conseguimento degli obiettiviassegnati e che l’uso della forza sia esercitato al livello più basso possibile, in funzionedelle circostanze ed in misura proporzionale alla situazione, attuando le misurepiù efficaci per la tutela e la sicurezza del personale del contingente nazionale;- assicurare che la condotta delle operazioni avvenga nel pieno rispettodelle norme di diritto internazionale umanitario vincolanti per il nostro Paese;- fare in modo che i soggetti ostili alle forze della Coalizione e quelliresponsabili di reati comuni eventualmente catturati siano consegnati rispettivamenteal Comando della Coalizione, che esercita il Controllo Operativo(OPCON) delle forze(27), ed alle Autorità irachene, solo previa dimostrazione diconcrete ed adeguate garanzie sul rispetto del trattamento umanitario minimoprevisto dall’art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra del 1949.

5. Le regole di ingaggio

La direttiva del Ministro della Difesa, nella sua veste di responsabile politicomilitare, comprende disposizioni che consentono di inquadrare la missionein un corretto contesto giuridico, attraverso la previsione di ben definiti parametriche legittimino l’uso della forza. Si tratta di vere e proprie regole di condotta che definiscono le circostanze,le condizioni, il grado, le modalità ed i limiti con cui la forza può essereapplicata. Esse consentono, pertanto, di garantire la necessaria uniformità delleattività di natura politica e militare nel quadro del diritto internazionale ma,soprattutto, di ridurre la probabilità di errori di interpretazione da parte delleautorità militari rispetto alle direttive adottate in sede politica.Le RoE, definite di volta in volta, in relazione alla missione ed al contestointernazionale in cui le forze militari sono chiamate ad operare, perseguono loscopo di consentire alle forze operanti di adeguare tempestivamente il loroatteggiamento sulla base dei cambiamenti dello scenario politico e militare.La definizione di regole attagliate all’operazione risente di una serie di condizionamenti,non sempre consonanti, di carattere giuridico (quadro normativodi riferimento), politico e militare (coerente con la natura dell’operazione edei limiti del mandato).Cosicché nelle operazioni in cui i contingenti nazionali sono destinati(come ad esempio per l’operazione “Antica Babilonia”) ad intervenire nell’ambitodi forze multinazionali, le RoE, adottate dalle autorità militari nazionalidevono essere armonizzate con quelle dei contingenti alleati partecipanti allamissione nel rispetto delle norme di diritto internazionale umanitario, prevedendoeventuali limitazioni - caveats - derivanti dalle normative giuridiche diciascun Paese.Le RoE costituiscono, pertanto, la fonte di riferimento cui il personale deicontingenti ed i loro Comandanti devono conformare i comportamenti e leazioni per tutta la durata dell’operazione.Ovviamente, affinché le RoE possano essere attagliate all’operazione in atto,occorre modulare le Regole di Ingaggio attribuendo al Comandante sul campo lacompetenza ad agire entro limiti definiti, prevedendo - a ragion veduta - e previa “autorizzazione” dell’Autorità sovraordinata la possibilità di innalzare la soglia dirisposta in particolari situazioni, sempre allo scopo di assicurare l’incolumità e laprotezione del personale.Le RoE si fondano, infatti, sul presupposto che costituisce il supremodovere del Comandante di ogni unità: garantire in ogni caso la difesa del reparto,salvaguardando la sicurezza degli uomini e dei mezzi affidatigli.Quindi in presenza di un attacco (azione ostile), il diritto internazionalelegittimerà l’uso della forza a condizione che essa sia stata impiegata proporzionalmentealla minaccia (intento ostile).Nel predisporre le RoE si tiene, pertanto, conto dei principi di necessità,di proporzionalità e di tempestività con riferimento ad atti e/o intenti ostili chesiano in grado di compromettere l’incolumità del personale e l’integrità diinstallazioni e materiali della forza militare.Al fine di consentire una migliore esecuzione delle attività, i Comandantipossono emanare un promemoria individuale - la cosiddetta Carta del soldato -che esplichi in modo dettagliato e semplice le procedure e le norme di comportamento,con la limitazione che non siano più permissive di quanto autorizzatodalle RoE.

6. Il trattamento delle persone catturate

La problematica riguardante il trattamento delle persone catturate assume,come è intuibile, particolare delicatezza soprattutto nei teatri di operazione ovel’ordinamento giuridico dello Stato territoriale “ospitante” contempla la previsionedella pena di morte per coloro che risultano condannati, imputati o indagatiper delitti particolarmente gravi.Sul punto si evidenzia che, in ossequio alle già richiamate disposizioni contenutenell’art. 27 della Costituzione e nella sentenza della Corte Costituzionalen. 223 del 27 giugno 1996 ed in seguito al ripristino in Iraq ed in Afghanistandella pena capitale, i comandi dei contingenti nazionali hanno ricevuto disposizioniche i sospetti criminali ricercati e/o imputabili in base alla legge irachenadi reati punibili con la pena di morte non possono essere consegnati rispettivamente alle Autorità irachene ed afghane, direttamente o indirettamenteattraverso altre forze della Coalizione, anche in presenza dell’assicurazione chela pena non sarà irrogata o eseguita.È possibile, invece, continuare a fermare e consegnare alle Autorità competentisospetti criminali autori di reati per i quali non è prevista la pena dimorte e ad effettuare sequestri di materiale indebitamente detenuto.I soggetti ostili potranno, però, essere consegnati alle Autorità competentisolo previa dimostrazione di concrete e adeguate garanzie circa il rispetto deltrattamento umanitario minimo previsto dall’art. 3 comune alle quattroConvenzioni di Ginevra.

7. La tutela dei dati sensibili

La disciplina relativa al trattamento dei dati personali durante le operazionimilitari fuori area può, senz’altro farsi rientrare nelle previsioni di cui all’art.58 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a “tutela della privacy”.In particolare, le disposizioni in argomento prevedono che in presenza di“finalità di difesa e sicurezza dello Stato” nonché di “prevenzione, accertamentoe repressione di reati”, il trattamento dei dati personali compresi quelli “sensibili”sia sottratto all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 22 del D. Lgs n. 135del 11 maggio 1999, che disciplinano nel dettaglio il trattamento dei dati particolarida parte dei soggetti pubblici.È, quindi, possibile che il personale militare incaricato proceda all’utilizzazioneed al trattamento dei dati “sensibili”. Devono, però, in ogni caso essere rispettate le prescrizioni a fattor comunerelative alla loro raccolta, conservazione e sicurezza, nonché quelle relativealla cautela per eventuali danni ed alla loro eventuale visibilità all’AutoritàGarante per la privacy.Per ragioni di sicurezza e di rispetto della persona umana, è comunquevietata la pubblicazione dell’immagine della persona privata della libertà personalementre si trovi sottoposta all’applicazione di manette ai polsi ovvero adaltro mezzo di coercizione fisica.

8. Richieste di risarcimento di danni

Nei teatri operativi assumono rilevanza anche quegli aspetti riferibili adepisodi che, ai sensi della normativa nazionale, possono dar luogo a responsabilitàamministrativa e civile.La distinzione fra i due tipi di responsabilità è, come noto, abbastanzasemplice.Se un funzionario o un impiegato arreca danno ad un terzo, estraneo allapubblica amministrazione, la nostra Costituzione, all’art. 28 stabilisce che sia ilfunzionario che la stessa amministrazione debbano risarcire il terzo del pregiudiziosubito. Ciò in base al principio che la pubblica amministrazione deve semprerispondere per i danni prodotti dal proprio personale. Questo è il concettodi responsabilità civile.Al contrario, la responsabilità amministrativa tutela la pubblica amministrazionenei confronti dei danni che l’impiegato arreca nell’ambito del rapportod’ufficio, obbligandolo a risarcire il danno a causa del suo comportamento.Questi concetti sono pienamente trasferibili anche al personale delle Forzearmate che operi nei contingenti militari delle missioni internazionali.Ovviamente, affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere insede di responsabilità amministrativa, il danno prodotto deve essere conseguenzadiretta ed immediata della sua condotta. Inoltre, occorre che il comportamento,da cui il danno è derivato, sia stato doloso o posto in essere per colpagrave.Come è intuibile, il riferimento è all’elemento soggettivo. Mentre il dolosi individua facendo riferimento alla volontarietà, il concetto di gravità dellacolpa è relativo nel senso che va valutato con maggiore approfondimento. Lacolpa è grave quando si discosta notevolmente dallo standard richiesto dal tipodi prestazione svolta.Con riferimento alle azioni risarcitorie sul piano del diritto civile, è bene evidenziareche i danni materiali sono quelli subiti dalle cose di proprietà del danneggiatoa seguito del sinistro. Essi vanno risarciti in base al prezzo di mercato.Esistono poi i danni fisici che possono provocare lesioni temporanee o permanentialla persona. Le lesioni alla persona danno luogo di norma a:a. danno biologico, inteso come la lesione dell’integrità psicofisica del soggetto,accertabile e risarcibile a prescindere dalla capacità di produrre reddito daparte del danneggiato. Ne sono esempi: il danno estetico, alla sfera sessuale, allavita di relazione;b. danno patrimoniale, che si verifica quando la lesione alla persona incideanche sulla sfera patrimoniale, provocando un danno economico;c. danno morale, considerato come la sofferenza psichica dovuta all’ansia,conseguenza delle lesioni subite a seguito di un fatto illecito di rilevanza penale.La materia, come abbiamo visto, di per sé abbastanza complessa, è ancorpiù delicata quando l’ambiente di riferimento è il teatro di operazioni ove ledisposizioni giuridiche di base devono trovare applicazione, pur in presenza dioggettive difficoltà quali la non certo agevole identificazione, in contesto operativo,delle persone eventualmente danneggiate, nonché la non semplice possibilitàdi riscontrare la veridicità (perché non sempre ben note le modalità degliepisodi segnalati) delle richieste di risarcimento.Le eventuali richieste di indennizzo presentate da terzi per danni alla proprietàprivata, ferimento o morte di persone causati ingiustamente da un fattodoloso o colposo commesso da personale italiano, dovranno pertanto essereistruite, per quanto è possibile con la massima oculatezza e precisione.Non certo a margine appare opportuno evidenziare come la dilatazione deitempi per definire le pratiche di indennizzo, propri dell’ordinamento giuridiconazionale, non risulti aderente alle aspettative di coloro che, per le peculiaricaratteristiche della società arabo-musulmana, vedono culturalmente nel risarcimentola migliore soluzione per la composizione delle proprie controversie.

9. Conclusioni

Le problematiche fin qui trattate danno l’idea della complessità dellamateria e delle competenze attribuite all’unità organizzativa, denominata LegalAdvisor che è posta alle dirette dipendenze del Comandante del contingente inTeatro di Operazione. In particolare, il Legal Advisor ha assunto, soprattutto negli ultimi anni, unruolo insostituibile nell’ambito della struttura operativa, rivelandosi per ilComandante uno dei collaboratori su cui fare pieno affidamento sia nella fasedi pianificazione sia in quella di conduzione delle operazioni militari.Non è infrequente, infatti, che l’eterogeneità delle fattispecie operativerichiedano un tempestivo approfondimento dei connessi risvolti giuridico -applicativi che consentano di coniugare efficacemente le previsioni normative eregolamentari con le giuste esigenze del “campo”.Occorrerà, poi, tener conto del quadro più generale di riferimento, avutoriguardo cioè alle previsioni contenute nei SOFA, nei MoU, nei TechnicalAgreements e negli accordi multi bilaterali che sono stati sottoscritti.Nei Comandi di livello Brigata il Capo Cellula Legale potrà anche coinciderecon il Provost Marshal, secondo quanto verrà stabilito di volta in volta insede di pianificazione dal COI.Nell’ambito delle proprie attribuzioni, il Legal Advisor mantiene uno strettocollegamento con l’Ufficio Legale del COI, a cui invia periodicamente appositerelazioni su argomenti, eventi, problematiche che abbiano avuto rilevanza aifini dell’applicazione della legislazione nazionale (leggi penali militari/comuni,norme amministrative, ecc.) e del diritto internazionale; dati di aggiornamentosull’applicazione di leggi locali sull’evoluzione dell’organizzazione e funzionamentodegli organi di polizia, giudiziari e penitenziari con relative valutazioni,non omettendo di interloquire sul delicato argomento della istruzione ai Quadriin materia di applicazione e pieno rispetto del diritto internazionale di carattereconvenzionale e consuetudinario relativo ai diritti fondamentali dell’uomo; dellalegislazione penale militare e comune; del trattamento delle persone catturate.È opportuno evidenziare che l’istruzione ai quadri si estrinseca in riunionioperative, soprattutto ai minori livelli, che i Comandanti, avvalendosi delconsulente legale, svolgono:- richiamando la necessità di pervenire ad una capillare attività di sensibilizzazionee successivo controllo del personale;- intervenendo con rigore in presenza di eventuali atteggiamenti perseguibilidisciplinarmente che costituissero i prodromi di attività riconducibili allacompetenza dell’Autorità giudiziaria. L’Ufficio Legale del COI costituisce, per quanto finora detto, la naturaleinterfaccia del consulente legale in Teatro.Sin dal sorgere dell’esigenza di pianificazione di una missione, che comeabbiamo visto prende le mosse da decisioni politico - militari che si concretizzanonella già descritta direttiva del Ministro della difesa e nella direttiva strategicadel Capo di SMD, la competenza del Capo Ufficio Legale del COI si estrinsecainnanzi tutto nell’analisi e valutazione delle risoluzioni ONU, della normativainternazionale e dei provvedimenti di legge autorizzativi della missione.Inoltre nell’abito interforze e nei contesti internazionali concorre alla stesuradei SOFA, MoU e Technical Agreements.Non di rado fornisce doverosa attività di supporto all’Autorità giudiziariaordinaria e militare e agli organi di polizia giudiziaria delegati, nonché ai Teatricon riferimento al trattamento delle persone catturate.Il Comandante del COI, nella sua qualità di superiore gerarchico competente,si avvale, inoltre, del Capo Ufficio Legale per l’esame delle relazioni tecnichepreviste dal DPR 6 aprile 2005, n. 83, “Regolamento per l’esecuzione diinchieste su eventi di particolare gravità o risonanza occorsi nell’ambito di Enti,Reparti ed Unità del Ministero della Difesa”.Non è trascurabile, infine, l’esame degli aspetti di talune tematiche chepotrebbero coinvolgere l’amministrazione militare in Teatro in materia di contenzioso.


(*) - Colonnello dei Carabinieri. Capo Ufficio Legale del Comando Operativo di Vertice Interforze - Roma.
(1) - La Combined Joint Task Force (CJTF) è una forza integrata e multinazionale, organizzata per portarea termine le missioni militari dell’Alleanza, che si basa su un quartier generale integrato emultinazionale. La CJTF può includere elementi non NATO e truppe di nazioni contributrici.
(2) - La Direttiva Strategica del Ca.SMD traduce il mandato politico-militare in missione militaredefinendo tra l’altro: la situazione internazionale e locale, la valutazione del rischio, i presuppostie i limiti della missione, il concetto operativo, le forze, le comunicazioni, la logistica, gliaspetti amministrativi/finanziari, il comando e controllo, le dipendenze nazionali, la pubblicainformazione e le Roe.
(3) - Art. 5: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa onell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenzaconvengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del dirittodi legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dell’art. 51 dello Statuto delle NazioniUnite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmentee di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forzaarmata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogniattacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamenteportate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché ilConsiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezzainternazionali”.
(4) - Art.51: “Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autodifesa individualeo collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle NazioniUnite, fìntantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere lapace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto diautodifesa sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicanoin alcun modo il potere ed il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio diSicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quella azione che esso ritenga necessaria per mantenereo ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.
(5) - Art. 42: “Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell’art. 41 siano inadeguate osi siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azioneche sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azionepuò comprendere blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delleNazioni Unite”.
(6) - Si tratta di coalizioni di Paesi amici e/o alleati guidate da una nazione leader.
(7) - Il Provincial Reconstruction Team (PRT) è una struttura mista composta da personale militaree civile che ha il compito di concorrere al processo di espansione della NATO inAfghanistan, assicurando il supporto alle attività di ricostruzione condotte dalle organizzazioninazionali ed internazionali operanti nella regione. Ogni PRT è strutturato in base allaminaccia, alla posizione geografica ed alle condizioni socio economiche della regione in cuiopera.
(8) - Afghan National Army (ANA) e Afghan National Police (ANP).
(9) - Il I Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo alla protezionedelle vittime dei conflitti armati internazionali, è stato ratificato dall’Italia con legge 11dicembre 1985, n. 762.
(10) - Si tratta di una prassi ormai riconosciuta dalle Nazioni Unite.
(11) - In questo caso, quando non è previsto il ricorso alla forza armata, le forze di intervento - nonavendo compiti di polizia internazionale - sono assimilabili alla popolazione civile e quindiun attacco contro di esse costituisce una violazione del diritto umanitario.
(12) - Quando l’uso della forza è consentito nei casi di legittima difesa.
(13) - Siglata il 12 agosto 1949.
(14) - Lo “Status of Force Agreement” (SOFA) è un accordo internazionale che disciplina il regimegiuridico del personale militare e civile di una Forza di un Paese (Sending State) dislocato sulterritorio di un altro Paese (Receiving State). Tale accordo regolamenta i diritti delle due partiin relazione all’esercizio della giurisdizione penale sul personale, la composizione delle controversiee la concessione al personale di talune facilitazioni amministrative (controlli allafrontiera, libertà di movimento, porto d’armi e permessi di guida) e privilegi doganali e fiscali.Questa nozione è abbastanza recente, ed ha tardato a formarsi per la resistenza dei“Receiving States” ad accettare le limitazioni alla loro sovranità derivanti da pretese dei“Sending States”, prima tra tutte quella di applicare il Diritto di Bandiera (Law of the Flag).
(15) - Risoluzione ONU 60/1-7 del 21 marzo 2006 relativa a “Principi generali e linee guida sudiritto a rimedi e riparazioni per le vittime di rilevanti violazioni delle norme sui diritti umanie gravi violazioni di diritto umanitario”; General comment, n. 31 (80), “Nature of the generallegal obbligation imposed on States parties to the Covenant”, adottata dall’“Human rightsCommittee”, delle Nazioni Unite il 29 marzo 2004, con cui fra l’altro, agli artt. 8, 10 ed 11si ravvede un obbligo a carico di Stati per l’adozione di misure a tutela dei diritti umani: daparte di contingenti nazionali impegnati al di fuori del proprio territorio in operazioni internazionalidi peace-keeping o peace-enforcement, nonché nei confronti di privati o entità operantiin tali contesti; in caso di conflitti armati.
(16) - Lo Statuto dell’International Criminal Court è stato approvato il 17 luglio 1998, a conclusionedi una Conferenza Diplomatica di Plenipotenziari delle Nazioni Unite tenutasi a Roma eratificato dall’Italia con legge n.232 del 12 luglio 1999.
(17) - Sempre che il cittadino si trovi nel territorio dello Stato e a richiesta del Ministro dellaGiustizia, ovvero ad istanza o querela della persona offesa (qualora il delitto preveda una penainferiore nel minimo a tre anni).
(18) - Come previsto dall’art.9, co.3 del D.L. 1 dicembre 2001, n.421.
(19) - Legge 31 gennaio 2002, n.6 (pubblicata sulla G.U. n.18 del 2 febbraio 2002): “Conversionein legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° dicembre 2001, n.421, recante disposizioniurgenti per la partecipazione di personale militare all’operazione multinazionale denominata- Enduring Freedom -. Modifiche al codice penale militare di guerra, approvato con regiodecreto 20 febbraio 1941, n.303”.
(20) - Essendo i reati commessi nel territorio dello Stato, la competenza dei Tribunali militari è previstain relazione al territorio della provincia indicata nella Tabella annessa al D.P.R. del 14febbraio 1964, n.199.
(21) - Art. 185 c.p.m.g. (Violenza di militari italiani contro privati nemici o di abitanti dei territorioccupati contro militari italiani): “Il militare, che, senza necessità o, comunque, senza giustificatomotivo, per cause non estranee alla guerra, usa violenza contro privati nemici, che non prendonoparte alle operazioni militari, è punito con la reclusione militare fino a due anni. Se la violenzaconsiste nell’omicidio, ancorché tentato o preterintenzionale, o in una lesione personale gravissimao grave, si applicano le pene stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena detentiva temporaneapuò essere aumentata. Le stesse pene si applicano agli abitanti del territorio dello Statonemico occupato dalle Forze armate dello Stato italiano, i quali usano violenza contro alcunadelle persone a esse appartenenti”.
(22) - Art. 9, c. 5° della legge n.6/02 (Disposizioni processuali): “Nei casi di arresto in flagranza ofermo, qualora le esigenze belliche od operative non consentano che l’arrestato sia posto tempestivamentea disposizione dell’autorità giudiziaria militare, l’arresto mantiene comunque la sua efficaciapurché il relativo verbale pervenga, anche con mezzi telematici, entro quarantotto ore al pubblicoministero e l’udienza di convalida si svolga, con la partecipazione necessaria del difensore,nelle successive quarantotto ore. In tale caso gli avvisi al difensore dell’arrestato o del fermato sonoeffettuati da parte del pubblico ministero. In tale ipotesi e fatto salvo il caso in cui le oggettive circostanzebelliche od operative non lo consentano, si procede all’interrogatorio da parte del pubblicoministero, ai sensi dell’articolo 388 del codice di procedura penale, e all’udienza di convalidadavanti al giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’articolo 391 del codice di procedurapenale, a distanza mediante un collegamento videotelematico od audiovisivo, realizzabile anche conpostazioni provvisorie, tra l’ufficio del pubblico ministero ovvero l’aula ove si svolge l’udienza diconvalida e il luogo della temporanea custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettivae reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quantoviene detto e senza aggravio di spese processuali per la copia degli atti. Il difensore o il suo sostitutoe l’imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei. Un ufficialedi polizia giudiziaria è presente nel luogo in cui si trova la persona arrestata o fermata, neattesta l’identità dando atto che non sono posti impedimenti o limitazioni all’esercizio dei diritti edelle facoltà a lui spettanti e redige verbale delle operazioni svolte. Senza pregiudizio per la tempestivitàdell’interrogatorio, l’imputato ha altresì diritto di essere assistito, nel luogo dove si trova, daun altro difensore di fiducia ovvero da un ufficiale presente nel luogo. Senza pregiudizio per i provvedimenticonseguenti all’interrogatorio medesimo, dopo il rientro nel territorio nazionale, l’imputatoha diritto ad essere ulteriormente interrogato nelle forme ordinarie”.
(23) - Vedasi richiamato art. 15 c.p.m.g.
(24) - Si tratta di disposizioni di procedura penale tra cui l’obbligo per gli ufficiali di polizia giudiziariamilitare di procedere all’arresto in flagranza degli autori di taluni reati (tra cui la disobbedienzaaggravata, la rivolta, l’ammutinamento) perniciosi per la tenuta della disciplina.(25) - Al riguardo, si rinvia alle considerazioni espresse circa la difficoltà - in regime di c.p.m.p. - diapplicare le norme relative alla repressione delle violazioni del diritto umanitario.
(26) - L’Art. 7 (Disposizioni in materia penale) del D.L. 24 giugno 2004, n.160 prevede che: “Alpersonale militare impiegato nelle missioni di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, si applicano il codicepenale militare di guerra e l’articolo 9 del decreto-legge 1° dicembre 2001, n. 421, convertito,con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6. I reati commessi dallo straniero in territorioafgano, a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alle missioni di cui all’articolo1, commi 1 e 2, sono puniti sempre a richiesta del Ministro della giustizia e sentito il Ministrodella difesa per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze armate. Per i reati di cui alcomma 2 la competenza territoriale è del tribunale di Roma. Al personale militare impiegato nellemissioni di cui agli articoli 1, commi 3, 5, 6, 7 e 8, 2, commi 2, 3 e 4, si applicano il codice penalemilitare di pace e l’articolo 9, commi 3, 4, lettere a), b), c) e d), 5 e 6, del decreto-legge n. 421del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6 del 2002 ”.(27) - Il Controllo operativo (OPCON):- corrisponde all’autorità delegata ad un comandante d’impiegare le forze assegnategli perl’assolvimento di specifiche missioni o compiti che sono normalmente limitati nelle funzioni,nel tempo e nello spazio;- schierare le unità interessate;- mantenere o delegare il controllo tattico di tali unità.Non include l’autorità di attribuire alle forze incarichi diversi da quelli per i quali esse sonostate assegnate.