Col. Domenico Libertini

Le MSU quali titolari di un compito militare

Signor presidente la ringrazio.

Con il mio intervento vorrei tentare di affrontare alcuni aspetti del quadro giuridico nazionale che si ripercuotono significativamente sulla natura delle Multinational Specialized Units. Si tratta, come già è stato posto in evidenza da chi mi ha proceduto, di unità militari deputate a compiti specialistici di polizia ordinaria che si risolvono, pertanto, in qualcosa di nuovo in seno allo strumento militare. In altre parole, le MSU quali titolari e portatrici di esperienze e capacità di polizia ordinaria conferiscono alle Forze armate una nuova capacità aggiuntiva, ad altissima specializzazione, particolarmente utile nella conduzione della missione militare. È proprio la novità storica e normativa a costituire la motivazione che sottende l’esigenza di collocare razionalmente l’esperienza MSU all’interno del sistema. Ritengo, quindi, che si debba procedere ad una verifica della compatibilità dell’esistenza di uno strumento militare, con compiti di polizia ordinaria, con i compiti attribuiti alla legge alle Forze armate e successivamente alla responsabilità della gestione di tali componenti qualora inserite in una Forza schierata in una missione all’estero.

Quanto al primo problema, desidero ricordare che il quadro normativo concernente i compiti delle Forze armate risulta piuttosto complesso perché desumibile da numerose disposizioni che si sono stratificate nel tempo a partire dalla legge 11 luglio 1978, n. 382, “norme di principio sulla disciplina militare”. Tale stratificazione, frutto di un generale processo di decodificazione dell’ordinamento, ha avuto un forte impulso proprio grazie agli impegni sempre crescenti delle Forze armate in missioni multinazionali ed ha portato ad una profonda revisione sia dell’organizzazione sia dei compiti attribuiti alle Forze armate. A tale proposito, non manca chi abbia espresso critiche nei confronti del nuovo modello di difesa proprio in relazione all’eventualità di impiego militare fuori dai confini nazionali, che è stato ritenuto incostituzionale. Il problema nasce in quanto la costituzione non indica quali siano i compiti delle Forze armate, i quali devono essere ricavati dall’esame combinato di più norme. Al contrario, altre carte costituzionali si sono preoccupate di fissare dei principi che, a vantaggio della chiarezza, hanno irrigidito il sistema. A titolo di esempio si ricorda che la Costituzione del regno di Spagna del 27 dicembre 1978 all’art. 8 stabilisce che “le Forze armate, costituite dall’esercito di terra, la marina e l’aeronautica, hanno il compito di garantire la sovranità e l’indipendenza della Spagna, difenderne l’integrità territoriale e l’assetto costituzionale.

Una legge organica regolerà le basi dell’organizzazione militare, secondo i principi della presente Costituzione”. In maniera coerente, dapprima il d. Lgs. 28 novembre 1997, n. 464, che ha stabilito i compiti del livello tecnico operativo dell’amministrazione della difesa, all’art. 1, afferma che lo strumento militare è volto a consentire la permanente disponibilità di strutture di comando e controllo di Forza armata ed interforze preposte alla difesa del territorio nazionale e delle vie di comunicazione marittime ed aeree, nonché “a partecipare a missioni anche multinazionali per interventi a supporto della pace”. Ritengo di dover sottolineare che sulla norma sono stati espressi dubbi circa la sua legittimità costituzionale per violazione della delega legislativa contenuta nella legge 28 dicembre 1995, n. 549.

Accortamente, però, è stato osservato che la delega alla riduzione di enti e reparti delle Forze armate, finalizzata a garantire una più efficace e funzionale articolazione dello strumento militare, dovesse essere necessariamente preceduta dalla natura, scopi e attribuzioni delle Forze armate per cui la ridefinizione dei compiti deve essere considerata come una conseguenza della riforma strutturale dello strumento militare. Successivamente, la legge 14 novembre 2000, n.331, concernente l’istituzione del servizio militare professionale, all’art.1, comma 2, dispone che l’ordinamento e le attività delle Forze armate sono conformi all’art.11 della Costituzione. Il successivo comma 3 ricorda che il compito prioritario delle Forze armate è quello della difesa dello stato, mentre il comma successivo, stabilendo che “le Forze armate hanno altresì il compito di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte”, abbina al compito prioritario della difesa dello stato quello della realizzazione della pace e della sicurezza in seno alla comunità internazionale. Emerge con chiarezza che il quadro normativo ormai ha superato del tutto quella visione della sicurezza che veniva identificata con le forme di tutela riconducibili al concetto di difesa nazionale, cioè di difesa delle istituzioni, del territorio, della popolazione e di quei valori e principi posti a fondamento dell’ordinamento giuridico.

La legge, oggi, considera la sicurezza in una visione estremamente più ampia, cioè come un bene che deve essere assicurato ben oltre il territorio nazionale, in quanto investe i rapporti fra stati nelle più diverse aree geografiche a condizione che vi sia una connettibilità agli interessi nazionali. La sicurezza, quindi, deve essere vista in rapporto teleologico con gli interessi nazionali e di quelli più generali della comunità internazionale. Mutando prospettiva, emerge che in tal modo l’Italia si è dotata degli strumenti giuridici necessari a divenire un paese che esporta sicurezza e che, pertanto, è in grado di assumere un ruolo più moderno e di alta valenza nella comunità internazionale. Resta da dire che il collegamento che consenta l’espansione dell’interesse nazionale all’esterno del territorio soggetto alla sovranità dello stato può verificarsi in due distinte ipotesi.

In primo luogo, quando l’impegno nazionale consegua a specifiche determinazioni di organismi internazionali, nonché quando consegua per l’attivazione di specifiche norme di diritto internazionale. La norma, quindi, appare molto ampia poiché consente interventi giustificabili sia alla luce delle norme di diritto internazionale umanitario sia a decisioni assunte dai competenti organi delle organizzazioni internazionali. Al successivo art. 2, comma 1, nn. 1 e 2, inoltre, con riferimento ai criteri di mantenimento di forme di servizio obbligatorio la legge ha equiparato le diverse ipotesi di stato di guerra deliberato ex art. 78 cost. e di “grave crisi internazionale nella quale l’Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale”. La formulazione legislativa, quindi, ha avvicinato l’ipotesi dello stato di guerra a quella della grave crisi internazionale colmando, così, quella che da tempo era avvertita come una lacuna legislativa ed ampliando lo spettro degli stati che consentono l’impiego dello strumento militare. Fin qui i compiti attribuiti alle Forze armate nel loro complesso. Devo aggiungere che questi risultano integrati e specificati dal d. Lgs. 5 ottobre 2000, n. 297, concernente la riforma dell’Arma dei carabinieri.

Senza avventurarmi in una disamina dei compiti militari attribuiti all’Arma, che pure sarebbe di grande interesse, devo ricordare che l’art. 5, comma 2, del decreto esplicitamente stabilisce che l’Arma dei carabinieri, nell’ambito della partecipazione alle operazioni militari all’estero, partecipa anche alle operazioni per il mantenimento e ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale, in particolare per realizzare condizioni di sicurezza e ordinata convivenza nelle aree di intervento. La norma, quindi, considerata nel più generale sistema dei compiti attribuiti alle Forze armate, individua un compito specialistico dell’Arma dei carabinieri. In altre parole, fra le Forze armate l’Arma dei carabinieri, in virtù delle sue peculiarità e professionalità esprimibili, è preposta a quel particolare compito di realizzare condizioni di sicurezza e ordinata convivenza nelle aree di intervento che è espressione della funzione di polizia. In tal modo, la norma, che sembra “cucita” sull’esperienza storica delle MSU, ha affermato l’appartenenza della specializzata funzione di polizia allo spettro di capacità che lo strumento militare italiano deve esprimere nelle missioni all’estero.

Per maggiore chiarezza concettuale, devo sottolineare che la partecipazione a missioni di polizia all’estero nel contesto di operazioni a supporto della pace è assicurata dall’Arma dei carabinieri sempre in virtù della citata disposizione di legge che, per tabulas attribuisce all’Arma dei carabinieri un compito militare. Alla stregua del quadro emergente, quindi, la partecipazione a missioni di sola polizia, quale potrebbe essere l’impiego di unità integrate di polizia (IPU) da parte dell’Unione europea, per i carabinieri si risolve nell’assolvimento di un compito militare. Tale ultimo aspetto mi sembra che sia congruente con la disciplina prevista per la gestione operativa delle MSU. Infatti, il disposto del d. Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, concernente la riforma dell’organizzazione del governo, nel fissare all’art. 20 le attribuzioni del ministero della difesa, al primo comma, ha espressamente indicato la partecipazione a missioni a supporto della pace. Al secondo comma, poi, ha stabilito l’appartenenza delle funzioni e dei compiti connessi all’area tecnico operativa, in altre parole alle Forze armate unitariamente considerate.

La disposizione ha un’importante valore sistematico in quanto ha cristallizzato una competenza istituzionale di una branca dell’amministrazione dello stato polistrutturata di cui è responsabile dal punto di vista politicoamministrativo nei confronti degli organi costituzionali. Pertanto, le Forze armate possono essere impiegate in via ordinaria in operazioni diverse dalla guerra. La disposizione, inoltre, risulta di particolare importanza sotto un altro profilo di carattere sistematico in quanto l’art. 14 del decreto, nel fissare le attribuzioni del ministero dell’Interno, non accenna ad alcuna funzione in seno ad operazioni internazionali a supporto della pace. Cosa che risulta congruente con l’esigenza di gestire unitariamente gli strumenti impiegati all’estero in attività che sono espressione di politica internazionale del Paese, nonché con i ruoli istituzionali attribuiti da un lato alle Forze armate, dall’altro al ministero dell’Interno che si risolve nella garanzia dell’ordine e sicurezza pubblica interno allo stato attribuito, peraltro derivante dal principio di territorialità che sottende le leggi penali e di polizia. Pur convinto di non essere stato esaustivo, mi auguro di aver dato un contributo alla sistemazione concettuale dell’esperienza MSU. Ringrazio per la cortese attenzione.


(*) - Colonnello dei Carabinieri, Capo Ufficio Piani e Polizia Militare del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri.