10. L’intervento preventivo nei confronti degli Enti Locali

La particolare capacità di incidenza che la criminalità organizzata ha dimostrato di saper esercitare sulla libera attività di organismi pubblici, condizionandone scelte e limitandone la stessa sovranità, ha indotto il legislatore ad intervenire con un comparto normativo ad hoc, che trovava la sua espressione nel Decreto Legge 31 maggio 1991, n. 164, convertito con modificazioni, nella legge 22 luglio 1991, n. 221 “Misure urgenti per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli organi di altri enti locali, conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento mafioso(136)”. Attualmente la normativa è confluita nel d.lgs 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull’ordimento degli enti locali. Il d.lgs. 267/2000 ha formalmente abrogato il d.lgs 164/1991. Si tratta di una normativa di particolare incidenza, che trova origine nelle diverse istanze tese ad evitare la collusione tra organizzazioni criminali e parti corrotte della P.A.; si è avvertita, nella pratica, l’esigenza di allargare il contrasto sull’insidioso mercato nel quale si incontrano il mafioso ed il politico. Si è verificato, in alcuni non rari casi, che il primo offre voti, cioè, in ultima analisi, consenso, il secondo garantisce, implicitamente o anche apertamente, di rendere sensibili le funzioni pubbliche agli interessi dell’organizzazione mafiosa.

La particolare vocazione strategica della legge è essenziale anche dal punto di vista della erosione dei margini di consenso che la criminalità organizzata trova all’interno della società, ove si tenga conto che la mafia è una forma di criminalità che tende comunque ad esercitare una sovranità territoriale assoluta e fonda il suo potere non solo sull’intimidazione e la violenza, ma anche sulla eventuale debolezza e sulla colpevole arrendevolezza di talune istituzioni, nonché sul consenso, esplicito e convinto. L’art. 143 d.lgs n.267/2000, nell’introdurre l’art. 15 bis della legge 19 marzo 1990, n. 55, prevede importanti strumenti di tutela, nella pratica delle misure interdittive di speciale prevenzione(137), consentendo la possibilità di scioglimento dei consigli comunali e provinciali, allorché emergano risultanze di collegamento diretto o indiretto degli amministratori con la criminalità organizzata. La norma individua, altresì, ulteriori condizioni a premessa del provvedimento, laddove il condizionamento degli stessi amministratori sia tale da: - compromettere la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati; - arrecare grave e perdurante pregiudizio per la sicurezza pubblica.

Proprio quest’ultima indicazione, che richiama i concetti posti a fondamento delle misure di tipo personale, e cioè la pericolosità sociale in rapporto ad un ambiente contrassegnato da criminalità di tipo mafioso, lascia ritenere, pur in assenza di una specifica tradizione dottrinale, che il provvedimento in questione ben possa qualificarsi come una misura di prevenzione a carattere collettivo, attraverso la quale lo Stato apparato appresta una sorta di autotutela, laddove veda minacciato il corretto andamento della cosa pubblica. Lo scioglimento viene disposto con Decreto del Presidente della Repubblica ed è adottato su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Esso ha carattere temporaneo, avendo vigenza tra i dodici ed i diciotto mesi, prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi laddove ciò sia esigibile per gravi motivi di ordine pubblico. Il provvedimento di scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri viene trasmesso alle Camere ed al Presidente della Repubblica per la emanazione del decreto. Allorché emanato, esso viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

La procedura trova scaturigine dalla iniziativa del Prefetto della Provincia, il quale predispone all’uopo una relazione nella quale sono indicati i motivi che ne determinano la proposta. In tale contesto, è consentito all’autorità proponente, in caso di pendenza di procedimento penale, di richiedere preventivamente informazioni al Procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’obbligo imposto per le indagini preliminari, fornisce le informazioni che ritiene non debbano essere secretate. Con il decreto di scioglimento, viene nominata una commissione straordinaria per la gestione dell’ente, composta da tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza: l’organo è destinato a rimanere in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile. È stato sottolineato come la scelta del legislatore in favore di un organo collegiale sia maggiormente aderente alle necessità di immediato ripristino della legalità e della credibilità dello Stato in aree fortemente condizionate dalla prevaricazione criminale(138).

Deve sottolinearsi che l’esigenza fonda anche su ragioni di cautela, dovendosi evitare di accentrare su una sola persona le eventuali quanto probabili ritorsioni da parte della criminalità organizzata. L’azione intrapresa per il ritorno a normali condizioni di gestione viene monitorata dal Ministero dell’Interno, presso cui è costituito un apposito Comitato di sostegno e di supporto all’attività delle Commissioni Straordinarie e dei Comuni nuovamente riaffidati alla gestione ordinaria. Situazioni di urgente necessità possono indurre il Prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, a sospendere gli organi dalla carica ricoperta, nonché da incarichi ad essa connessi, per un periodo non superiore a sessanta giorni, garantendo la funzionalità dell’ente con l’invio di commissari. Particolari accorgimenti sono assicurati per la conduzione dell’ente durante la gestione commissariale: difatti, allorché sia necessario assicurare il regolare funzionamento dei servizi, il Prefetto, sulla scorta di richiesta avanzata dalla Commissione, può disporre l’assegnazione, in via temporanea ed in posizione di comando o di distacco, di personale amministrativo e tecnico di Amministrazioni ed Enti Pubblici, previa intesa con gli stessi, anche in posizione di sovraordinazione.

Il provvedimento poggia sulla necessità, avvertita in numerose esperienze, di arginare i pesanti condizionamenti attuati anche nei confronti del personale degli enti da parte delle consorterie mafiose e per far fronte alle non infrequenti manifestazioni di boicottaggio verso le Commissioni, esercitate da taluni segmenti del comparto burocratico degli stessi enti commissariati. È risultata di tutta evidenza, talvolta, l’azione di frenaggio al ristabilimento della legalità da parte di alcuni dipendenti degli enti in questione, magari essi stessi fiancheggiatori dei sodalizi ed assunti in base a logiche clientelari, derivanti da un serrato controllo malavitoso delle strutture pubbliche: si è trattato, in talune circostanze, anche del tentativo di dimostrare una asserita inutilità dei provvedimenti del Governo, in modo da screditare il prestigio dello Stato e dimostrare la incapacità dello stesso nel ristabilire condizioni di riaffermata legalità. Lo scioglimento degli organi rappresentativi degli enti locali è stato oggetto di qualche perplessità circa la loro aderenza ai principi costituzionali.

L’Alta Corte, nella sostanza, ha sostenuto gli intendimenti del legislatore, poggiando le sue argomentazioni sul carattere straordinario ed urgente delle misure, finalizzate, nella loro essenza, a contrastare in definitiva, l’aggressione della criminalità organizzata in un contesto territorialmente distinto. Si è sostenuto, difatti, che la natura del provvedimento di scioglimento non mira a sanzionare direttamente il comportamento dei singoli eletti, bensì la promiscuità dell’intero organo elettivo con i segmenti criminali della società(139). I provvedimenti, nella sostanza, sono stati giudicati come un legittimo strumento di intervento da proporsi in presenza di accertate situazioni di fatto, che evidenziano le collusioni e le connivenze del crimine organizzato sugli organi di governo locale e che, per ciò stesso, richiedono una risposta rapida ed efficace, idonea a ristabilire la trasparenza, la legalità e l’imparzialità dell’Amministrazione. La stessa Corte ha ampiamente chiarito che lo scioglimento non incide affatto sui diritti di elettorato attivo e passivo, poiché non scalfisce né il diritto di voto del singolo, né la facoltà di accedere a cariche elettive; ciò che si intende intaccare è invece l’utilizzo di strumenti realizzati dalla sovranità popolare per finalità ben distanti dalla buona vita della moltitudine.

Aprrofondimenti

(136) - La legge veniva successivamente modificata ed integrata dal D.L. 20 dicembre 1993, n. 529, convertito nella legge 11 febbraio 1994, n. 108.
(137) -GALLO, alla voce Misure di prevenzione, su ENCICLOPEDIA GIURIDICA TRECCANI, pag. 26.
(138) -NANULA, La lotta alla mafia, Giuffrè, 1994, II ed., pag. 152.
(139) - Corte Cost., n. 103 del 19 marzo 1993.