Mobbing
Che cos’è

Il termine “mobbing” deriva dall’etologia,[d]Vignetta raffigurante un comportamente tipico di mobbing.la scienza che studia il comportamento animale, e nasce per descrivere comportamenti aggressivi posti in essere dagli animali in branco, nei riguardi di singoli componenti della propria specie. Così nel 1991 l’etologo Konrad Lorenz indicò il mobbing come l’atto del circondare minacciosamente un membro del branco per provocarne l’allontanamento.

Si tratta di un fenomeno complesso che è stato descritto alla luce di diverse definizioni. Quella maggiormente condivisa, in ambito lavorativo, definisce il mobbing come “una forma di violenza sul posto di lavoro consistente in comportamenti vessatori integranti un’aggressione sistematica, prodotta per una certa durata di tempo, posta in essere o da un superiore gerarchico (cd. bossing o mobbing verticale) o dai colleghi (cd. mobbing orizzontale) nei confronti di un lavoratore, con chiari intenti discriminatori e persecutori, finalizzati all’estromissione di questi dall’azienda mediante la progressiva marginalizzazione del suo contributo al processo produttivo e l’emarginazione dalla collettività degli altri dipendenti”.

In termini più concreti, il mobbing può essere inteso come una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro che consiste in messaggi, ostili e moralmente scorretti, diretti sistematicamente, in genere, da una o più persone verso un solo individuo che viene posto e mantenuto in una condizione di impotenza e incapacità di difendersi. Le azioni di mobbing si verificano, in termini statistici, molto frequentemente e per un lungo periodo di tempo (per almeno sei mesi). A causa della frequenza elevata e della lunga durata del comportamento ostile, questo maltrattamento produce uno stato di considerevole sofferenza a livello psicologico e sociale. Tre sono le condizioni perché si possa parlare di mobbing “sanzionabile”: la durata, la ripetitività e la presenza di un intento persecutorio nei confronti di un determinato lavoratore.

Vignetta riguardante una comunicazione vessatoria. [d] Il mobbing è quindi contemporaneamente un disagio individuale e una patologia sociale: esso origina da un processo dapprima occulto e strisciante, quindi sempre più esplicito, attuato con varie modalità.  I motivi che lo animano possono riguardare sia fattori umani in senso stretto (noia, invidie, gelosie, competizione esasperata, complessi d’inferiorità, ecc.), sia fattori ambientali (disorganizzazione gestionale, incapacità decisionale, carenza di regole, conflitti di interessi, squilibri nei carichi di lavoro), tutti capaci di generare un rilevante carico di stress.
Occorre fare una distinzione tra quello che è un conflitto temporaneo sul lavoro ed il mobbing, caratterizzato dalla durata e frequenza del trattamento vessatorio. Quindi, non è tanto importante che cosa viene messo in atto nei confronti del lavoratore (in termini di vessazioni, molestie, etc.), piuttosto attraverso quali modalità (reiterazione temporale e intento persecutorio).
A ciò va aggiunto che nei casi di mobbing, sia verticale che orizzontale, l’azione del mobber (soggetto attivo dell’azione) nei confronti del mobbizzato (soggetto passivo) è spesso sostenuta dalla condotta facilmente compiacente di colleghi, definiti side mobbers, che, pur estranei alle azioni discriminative, si astengono da qualsiasi collaborazione verso la vittima predestinata.

Nell’ordinamento italiano il mobbing non è riconosciuto come un reato penale ma è solo un illecito civile (ai sensi degli artt. 2049 e 2087 del Codice Civile), per cui può essere richiesto il risarcimento del danno.
Considerata la complessità e la vastità dell’argomento, questa presentazione risulta necessariamente introduttiva e per l’approfondimento dei singoli aspetti si rimanda alla consultazione della letteratura specializzata e dei siti di settore.