Mezzi - Dal cavallo alla "gazzella"

La Motorizzazione

La motorizzazione delle Forze Armate italiane risale addirittura al 1899, agli albori, cioè, dell'automobilismo. In quell'anno, infatti, il Regio Esercito acquistò un autocarro a vapore De Dion Bouton. Alla vigilia della Grande Guerra (1915-18) i piani operativi dello Stato Maggiore italiano contemplavano largamente l'uso di mezzi a trazione motoristica. Come era accaduto per l'aviazione, che in quel periodo pionieristico non era ancora inquadrata in una specifica specialità, tant'è che gli aviatori provenivano da tutte le armi conservandone distintivi e divisa (numerosi furono i Carabinieri piloti), per l'automobilismo accadde altrettanto.

A condurre i nuovi mezzi erano militari di ogni provenienza, Carabinieri compresi. La prima autovettura assegnata ad un FIAT modello 'Zero 12-15 HP'.comando territoriale dell'Arma fu una FIAT modello "Zero 12-15 HP", prodotta fra il 1912 e il 1915. A confronto della produzione dell'epoca, si trattava di un'auto utilitaria: aveva infatti un motore di 1.846 cmc a 4 cilindri in linea, cambio a 4 marce più retromarcia a leva laterale, cioè esterna; la scarsa compressione (4,2 : 1) e gli scarsi 19 CV le consentivano una velocità massima di 62 Km/h, malgrado il peso (900 Kg) non fosse penalizzante. Una sua particolarità, del resto comune ad altre autovetture contemporanee, era il freno a nastro che agiva sulla trasmissione.

Il più antico documento fotografico che si conosca che ritragga i Carabinieri in servizio con autovetture risale al 1918: nella zona di Pordenone un ufficiale austriaco ed un capitano dei Carabinieri sostano accanto ad un'autovettura nel corso di uno degli incontri preliminari all'armistizio di Villa Giusti (3 novembre 1918) che pose fine alla guerra tra Austria ed Italia. L'auto è una FIAT "2B", versione Landaulet targata SM 51190. Le due lettere stanno evidentemente per Stato Maggiore, mentre le cifre con tutta probabilità indicano la posizione numerica che l'autoveicolo occupava al momento della sua entrata in servizio. E' una supposizione che lascia intendere quale sviluppo avesse già preso la motorizzazione militare nel 1918. E' da precisare che la motorizzazione comprendeva anche la "meccanizzazione", e quindi tutti i mezzi entrati in uso durante la Grande Guerra, dai cingolati ai blindati. L'auto raffigurata era entrata in produzione nel 1912 ed era uscita di scena dopo 8 anni. Era dotata di un motore da 4 cilindri in linea di 2813 cmc, il cui rapporto di compressione era di appena 4,2 : 1, dalla potenza massima di 28 CV a 2000 giri/min.

Dello stesso periodo era la FIAT modello 4, di cui alcuni esemplari vennero attribuiti ai Servizi automobilistici del Palazzo del Quirinale, e quindi alla cura dei Carabinieri Guardie del Re, i popolari Corazzieri. Era la stessa autovettura di cui si serviva il re Vittorio Emanuele III durante le sue visite al fronte italo-austriaco. Costruita a partire dal 1911, era dotata di un motore monoblocco a quattro cilindri con valvole unilaterali di 5.699 cmc, che al regime massimo di 1.700 giri erogava 55 CV. Inizialmente munita di trasmissione a catena, dal 1912 venne equipaggiata con quella a cardano. La velocità massima era di circa 90 km/h con un consumo di 24 litri per 100 km. Il cambio era a 4 velocità più retromarcia.

FIAT 2BFra i mezzi da trasporto affidati ai Carabinieri durante il primo conflitto mondiale va ricordato in particolar modo l'autocarro FIAT 18 BL, entrato autorevolmente di diritto nella storia della motorizzazione militare. Dotato di un motore a 4 cilindri di 5650 cmc, disponeva di una potenza di appena 30 CV a 1.000 giri, ma la sua affidabilità e robustezza sono rimaste proverbiali. Aveva ruote piene, cioè prive di camera d'aria, singole anteriormente, gemellari dietro. Altro autocarro mitico fu il 15 TER, più pesante del 18 BL e dotato di trasmissione a catena, ritenuta più affidabile di quella cardanica poiché consentiva di variare il rapporto di demoltiplicazione a seconda dell'uso che se ne faceva.

Con la nascita del Corpo Automobilistico dell'Esercito sorse il problema della funzionalità di tale nuova specialità in rapporto alle esigenze di servizio delle Istituzioni militari, l'Arma dei Carabinieri innanzi tutto, che per contingenze quasi sempre impreviste e imprevedibili, avevano la necessità di poter disporre di automezzi propri per effettuare interventi d'urgenza. Fu così che a cavallo degli anni 20-30 del secolo scorso all'Arma dei Carabinieri venne consentito di disporre di un proprio parco motoristico, destinato a trasformare radicalmente i criteri operativi dell'attività d'Istituto. Prima ancora, in relazione alle gravi condizioni dell'ordine pubblico che caratterizzarono gli anni immediatamente successivi alla fine della Grande Guerra, si pensò di attribuire all'Arma dei Carabinieri alcuni esemplari dell'automitragliatrice Ansaldo I.Z. seconda serie.

Si trattava di "automobili corazzate" costruite sul telaio di un autocarro militare Lancia, il tipo 1Z, su cui veniva installata una struttura fatta di lamiere imbullonate. La particolarità di questo mezzo era costituita da due torrette, poste su livelli differenti, per consentire alle armi di cui era dotato di agire contemporaneamente in direzioni e piani diversi. L'armamento era formato da tre mitragliatrici Vickers Maxim modello 1911. Le "automitragliatrici" erano inoltre dotate di un dispositivo formato da due lunghe lame poste anteriormente, che avevano la funzione di "taglia reticolati". Una fotografia eseguita nel 1931 nel cortile della Legione Carabinieri di Roma mostra 4 di tali mezzi unitamente al resto del parco autoveicolare di cui disponeva il 1° Battaglione di quel comando. Vi figurano in primo piano una FIAT 514 spider affiancata da due motociclette Frera con sidecar e una serie di autocarri di vario tipo, tra cui alcuni esemplari del già citato 15 TER.

FIAT 1100 RLa FIAT "514", nata nel 1929, è stata, dopo la 509 della stessa casa, la seconda auto con motorizzazione ridotta: la 509, infatti, aveva una cilindrata di 990 cmc, mentre la 517 era di 1438 cmc. A grandi linee derivava dal modello 503, prodotto fra il 1926 e il 1927, che aveva una cilindrata superiore di appena 22 cmc. Nelle intenzioni della casa costruttrice doveva avere il ruolo di "utilitaria", incorporando tutti i perfezionamenti raggiunti nella costruzione automobilistica dell'epoca. Veniva prodotta nelle versioni Berlina a 2 o a 4 porte, Coupé, Cabriolet royal, Torpedo e Spider. Proprio in quest'ultima versione, a due posti con un terzo a scomparsa ricavato nel portabagagli, venne adattata da vari corpi militari, fra questi l'Arma dei Carabinieri, che ne dotò i comandi di Reparto. Con quest'auto il rapporto di compressione cominciò a salire sfiorando il valore di 6,00 : 1; anche il numero di giri a regime massimo salì notevolmente (3.400 giri/minuto) e la potenza si assestò sui 28 CV, migliorando quella del modello 503. Con un cambio a 4 marce più retromarcia, la velocità massima non superava gli 80 Km/h, mentre il consumo cominciava ad essere accettabile, occorrendo appena 11,6 litri di carburante per 100 Km.

A cavallo degli anni '20 e '30 fece la comparsa uno strano autoveicolo assegnato alla giovane specialità dei Carabinieri Sciatori. Si trattava di una specie di pullman a cielo aperto, con 4 vani di accesso sul lato sinistro privi di portiere e con 5 file di posti a sedere, dalla capienza complessiva di 15 posti. Veniva adoperato per condurre i Carabinieri sui campi di addestramento. Una rara fotografia ce ne mostra due esemplari in marcia sotto la neve, con i militari in divisa nera e bandoliera (la divisa da Carabiniere-sciatore non era stata ancora decretata) e con gli sci rivolti al cielo. Si tratta probabilmente di un veicolo derivato dall'autocarro SPA modello 25 C/12 del 1926, dotato di motore a 4 cilindri di 4.400 cmc, velocità massima 50 km/h, lo stesso che poteva essere attrezzato per i servizi antincendio. L'accenno alla presenza di una motocicletta marca Frera fra il parco motoristico del 1° Battaglione della Legione Carabinieri Roma, induce a precisare che nel processo di motorizzazione dell'Arma dei Carabinieri la motocicletta ebbe presto larga utilizzazione.

Essa venne assegnata in dotazione al Regio Esercito, e quindi all'Arma, agli inizi del 1900. Nel febbraio del 1912 il Ministero della Guerra, con dispaccio n. 7886 autorizzò gli ufficiali dell'Arma a far uso della motocicletta per esigenze di servizio, subordinatamente alla loro capacità di guida. Qualcosa del genere era accaduto una ventina di anni prima a proposito della "macchina ciclistica". Inizialmente le motociclette venivano importate dall'estero, come la "Excelsior" e la motocarrozzetta "Indian". Prime motociclette italiane furono la Frera, col modello "2 1/2 HP" del 1922, e la Borgo, che importava le robuste motocarrozzette americane "Reading Standard" commercializzandole in Italia col suo marchio applicato sul carrozzino. Fra le case italiane, subito dopo la Prima Guerra Mondiale, si affermarono in campo militare la "Bianchi", che aveva ottenuto una prima importante affermazione già nel 1913 col modello "C 75 A" di 500 cmc, la "Guzzi" e la "Gilera".

SPA 25 C/12 per CC sciatori.E' interessante sottolineare che, in coincidenza con l'autorizzazione formale da parte del Ministero della Guerra all'uso della motocicletta da parte degli ufficiali dei Carabinieri, il Comando Generale dell'Arma ritenne di dover emanare una circolare con la quale si davano disposizioni ai Comandi territoriali circa la manutenzione e la lubrificazione dei motocicli di nuova assegnazione, ribadendo anche di avere la massima cura dei mezzi perché, essendo in gran parte importati dall'estero, erano costosissimi soprattutto in caso di riparazione. Negli anni fra il 1928-1936 l'Arma disponeva di motociclette e di motocarrozzette in numero sufficiente a svolgere su tutto il territorio nazionale il servizio d'Istituto tradizionalmente assegnato ai reparti a cavallo. E' infatti di quegli anni l'inizio del progressivo smantellamento del servizio montato.