Le Guardie Vicereali

Ufficiale dello Squadrone Carabinieri Guardie Vicereali dell'Africa Orientale Italiana.
L'occupazione dell'Etiopia nel 1936 e l'annessione dei suoi territori alle vecchie colonie dell'Eritrea e della Somalia, diede origine all'Africa Orientale Italiana (AOI). L'Arma, dopo aver partecipato alla guerra con le Bande autocarrate e con le Sezioni mobilitate meritando alla sua Bandiera una croce dell'Ordine Militare di Savoia (oggi d'Italia), si impiantò in quello che allora fu chiamato Impero. Con l'arrivo di nuovi elementi dall'Italia e tramite forti reclutamenti sul posto attraverso le scuole allievi zaptiè, dopo un anno i Carabinieri erano presenti nella colonia con due Legioni e nove Gruppi, che successivamente, costituitosi il Corpo della Polizia dell'Africa Italiana (PAI), furono riordinati in un Comando Superiore, sei Gruppi (uno per ciascuno dei "Governi" in cui era divisa l'AOI), un Battaglione di manovra ed uno Squadrone Guardie Vicereali. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che ancora in queste terre avrà un saggio del valore dell'Arma a Culqualber, i Carabinieri Reali contavano 91 ufficiali, 872 sottufficiali, 2.152 nazionali e 6.218 zaptiè, con 451 cavalli.


Militare del plotone eritreo dello Squadrone Guardie Vicereali di Etiopia.
Le uniformi indossate dagli indigeni tra il 1936 ed il 1941 non presentavano in pratica modifiche di rilievo rispetto a quelle portate sino al 1935 in Eritrea ed in Somalia. Era prevista, per la stagione fredda, l'adozione di un pastrano kaki per gli scium-basci dislocati nelle zone dell'altopiano e, con circolare del 1° giugno 1939, venne adottato per gli zaptiè uno specifico distintivo di grado, in modo da consentire una superiorità gerarchica rispetto ai semplici ascari, alla stessa maniera in cui il carabiniere era ed è gerarchicamente superiore al soldato semplice. Tale distintivo consisteva in un galloncino rosso, a "V" capovolta, con "ali" corte dieci centimetri, portato su due triangoli di panno nero tra spalla e gomito. Con l'occasione il muntaz aggiunse questo galloncino al suo gallone tradizionale. Per gli ufficiali c'era una circolare che ricapitolava, con qualche variante, tutte le prescrizioni in materia di uniforme, a essendo stata emanata appena un mese prima della guerra, di conseguenza non venne applicata nelle sue parti innovative. Le uniche vere novità nelle uniformi dell'AOI furono quelle previste per i plotoni di scorta dei Governatori e per lo "Squadrone Guardie Vicereali", reparti a cavallo, misti di nazionali e di indigeni, che le indossavano per i servizi di scorta e d'onore.


Libia, 1938: ufficiale dello Squadrone Guardie del Governatore in grande uniforme con burnous (disegno di Giorgio Cantelli).
Una circolare del 16 dicembre 1936 prevedeva che ad ogni Governatore fosse assegnato un plotone di scorta al comando di un ufficiale subalterno, con un maresciallo, due vice brigadieri, quattro carabinieri e 24 militari indigeni, compresi i graduati. Questi indigeni, tranne quelli della Somalia che conservano le loro particolari tenute, aggiunsero all'uniforme ordinaria degli alamari alle manopole della giubba, dei bottoni metallici, una filettatura rossa ai pantaloni e scarpe con gambali. Con la grande uniforme furono prescritte per questa particolare uniforme ordinaria: una coccarda tricolore, sotto al trofeo dell'Arma posto sul tarbush; una "farmula" (giubbetto senza maniche) rossa, con bordure in tessuto d'argento e cordelline rosse con puntali metallici. Per i cavalli, sia dei nazionali che degli indigeni, venivano usate: una gualdrappa rossa con bordo bianco e granata dell'Arma agli angoli posteriori, portamantello rosso e frontale in celluloide a strisce trasversali rosse e blu.


Sottufficiale dello Squadrone Carabinieri Guardie Vicereali dell'Africa Orientale Italiana.
Tutto questo in teoria, perché in realtà ogni Governatore apportava qualche ritocco, qualche aggiunta, magari un burnous, (mantello indigeno) e soltanto le foto, purtroppo in bianco e nero ed i ricordi di qualche superstite ci possono far conoscere i differenti dettagli. Più documentato è invece lo "Squadrone Guardie Vicereali", costituito il 10 ottobre 1936 e composto originariamente da cinquanta elementi nazionali ( già della 454ª Sezione Carabinieri Reali) e da cinquanta zaptiè somali. Successivamente, divenuto vicerè il Duca d'Aosta, vennero aggiunti militari eritrei e l'unità fu ristrutturata dapprima come Gruppo e poi, nel 1939, come "Reparto Servizi Vicereali" con uno Squadrone composto da nazionali ed eritrei ed una Compagnia di somali. La grande uniforme invernale dei nazionali era quella in uso in patria (e la richiesta di uniformi di questo tipo venne inviata con la massima urgenza nello stesso ottobre del 1936); quella estiva prevedeva i medesimi capi di vestiario tranne l'abito, che fu sostituito da un giubbetto bianco, e l'uso di una foderina bianca per la "feluca" degli ufficiali e la "lucerna" di sottufficiali e carabinieri. Il giubbetto era a doppio petto, simile all'abito della grande uniforme invernale, ma privo di falde, con manopole e colletto rossi filettati di azzurro e guarniti di alamari.


Sottufficiale in uniforme d'onore di panno kaki per servizi appiedati o di scorta a cavallo.
Per gli eritrei dello Squadrone, la grande uniforme comprendeva un turbante bianco con passante rosso con granata metallica, giubba di tela bianca e sandali. La giubba (a cinque bottoni metallici, con manopole rosse e alamari in tessuto d'argento al colletto e alle manopole) era portata con falde dentro ai pantaloni. Questi erano di foggia abissina, assai ampi fino al ginocchio e poi strettissimi fino alla caviglia. La "farmula", gallonata di rosso, chiusa da due alamari in cordoncino d'argento, era guarnita anteriormente da due granate in tessuto d'argento. Nella stagione invernale, quando i carabinieri portavano il tradizionale mantello, gli zaptiè eritrei facevano uso di un burnous, mantello di foggia abissina, a mezza ruota, nero con gallone e fodera rossi, portato sulla spalla sinistra ed allacciato su quella destra da una striscia di panno rosso. L'armamento previsto con la grande uniforme consisteva in una lancia con asta di bambù lunga due metri ed in una scimitarra etiopica con impugnatura d'osso brunito e fodero di cuoio nero, fissata ad un cinturino di marocchino rosso. La grande uniforme dei militari somali prevedeva turbante bianco, maglione nero, due "fute" (pezze di stoffa larghe 2.5 m. e lunghe 1.5 m.) bianche e sandali.


Particolare della farmula dell'uniforme di parata di uno jusbasci (zaptié graduato).
Dato il clima dell'altipiano, cui non erano abituati, i somali avevano in dotazione anche una maglia e mutande di lana o di cotone felpato. Il turbante era quello previsto per i militari eritrei, ma con un lembo di stoffa che pendeva sulla destra, fino all'altezza della spalla. Delle due "fute" , una veniva portata a tracolla, piegata in otto longitudinalmente, dalla spalla destra al fianco sinistro, l'altra a mo' di gonna, avvolta alla vita e lunga fino alle caviglie. Di quest'ultima "futa" erano previsti due tipi, pesante e leggero, a seconda della stagione. Pure pesante o leggero era il maglione nero, scollato e a maniche lunghe. L'armamento, infine, consisteva nel fucile Mannlicher, di provenienza bellica austro-ungarica, i cui proiettili venivano sistemati in dieci alloggiamenti nel cinturino di cuoio bianco, e nel caratteristico pugnale somalo a doppio taglio, il "billao". Questo aveva un'impugnatura d'avorio che terminava con un pomo sagomato in argento per gli zaptiè e un'impugnatura d'avorio e d'ebano con pomo a forma di tridente con dente centrale più rilevato per i graduati.