Arrivederci Turchino

Maresciallo Francesco Nieddu in piccola uniforme da cavallo con sciabola modello 1871
L'immagine a fianco risale ai primi del Novecento, epoca a cui si riferiva il capitolo conclusivo del secondo volume di quest'opera. È l'immagine serena di un maresciallo dei Carabinieri a cavallo in piccola uniforme con sciabola modello 1871. Potrebbe essere il ritratto di un'Italia altrettanto serena: l'espressione compiaciuta del militare per il grado raggiunto, la composta e sobria eleganza della sua consorte potrebbero essere lo specchio di una situazione sociale ampiamente diffusa nel Paese.

A rafforzare questa sensazione è la figura qui sotto di un ufficiale dell'Arma nella sua elegante e al tempo stesso severa uniforme di servizio, anch'essa di quel periodo. Il maresciallo fa pensare alla famiglia, ai tanti genitori che in quel tradizionale quadretto amavano vedere personificati i valori più elementari, ma fondamentali, della società; l'ufficiale evoca il paterno profilo del tutore dell'ordine costituito, cui compete responsabilmente di garantire ordine e tranquillità. Potrebbero essere, abbiamo detto, il ritratto di un'Italia serena. Ma così non era. Di sereno, in verità , c'era soltanto l'Arma dei Carabinieri, la cui uniforme, presente in ogni angolo della penisola, costituiva un rassicurante elemento di coesione, il simbolo concreto di un'unità che in realtà non c'era.


Maresciallo Francesco Nieddu in piccola uniforme da cavallo con sciabola modello 1871
L'Italia usciva da un periodo difficile: la sconfitta di Adua del 1896, le grandi proteste popolari del Nord, l'uccisione del re Umberto I nel 1900, l'instabilità governativa, la recrudescenza del banditismo nelle province centro-meridionali, il preoccupante fenomeno dell'emigrazione all'estero, il cui crescente sviluppo stava ad indicare la grave carenza di lavoro, queste ed altre erano le concause di una tensione interna, cui si univa minaccioso il fantasma di un conflitto militare che si avvertiva imminente.

L'uniforme del maresciallo Francesco Nieddu (è questo il nome del militare ritratto) è certamente la più conosciuta fra quante ne hanno indossate i Carabinieri dal 1814 ad oggi. È quella che ha contribuito a creare uno stereotipo. Non vi è casa italiana in cui non sia presente una vecchia foto di un parente o di un amico ritratto con quella divisa, simbolo di affidabilità e scudo protettivo di una nazione giovane e ancora fragile. Scudo destinato a cambiare ben presto colore e significato.

Il colore sarà quello grigio-verde, già adottato con variazioni di tonalità da altri eserciti stranieri e destinato ad un uso mimetico, come si dirà più avanti. ll significato era strettamente legato alla funzione, quella di favorire il "mascheramento" del militare perché si confondesse con l'ambiente in cui era tenuto ad operare. Non dunque le città, i villaggi o il sereno paesaggio della nostra campagna, ma la boscaglia, la roccia delle montagne, l'indefinibile e sempre diverso ambiente delle zone impervie. E quale motivo giustificava il ricorso al mimetismo? La guerra, soltanto la guerra. E non saranno solo le montagne, idealmente elette a teatro di combattimenti, a determinare il colore delle nuove uniformi militari italiane, ma saranno anche le desertiche lande africane a suggerire un altro colore, il kaki, simile alla sabbia, dal cui nome persiano (khak) deriva il termine.

Ecco, dunque, che lentamente si appresta a scomparire dalla scena italiana l'uniforme tradizionalmente turchina dei Carabinieri, per essere soppiantata da quella grigio-verde o kaki. Ma non scomparirà del tutto. Ne resterà traccia nelle stazioni e nei comandi metropolitani (altro termine che si fa largo nella terminologia militare, dovuto alla necessità di distinguere i reparti in attività sul suolo patrio da quelli impegnati in terra africana). Poi tornerà prepotentemente, a conflitto mondiale concluso, per riassumere quella funzione quasi istituzionale di simbolo di serenità. Ma per poco.


Carabiniere in uniforme ordinaria per servizi di perlustrazione con bandoliera nera (1907)
Ricapitolando sinteticamente quanto è già stato oggetto di trattazione nel secondo volume di quest'opera, alla vigilia del "grigio-verde" erano previsti tre tipi di uniformi: per gli ufficiali, grande, ordinaria e piccola; per sottufficiali e carabinieri, grande, ordinaria e di fatica. Queste tenute, peraltro, furono mantenute anche durante il Primo Conflitto Mondiale dai reparti in servizio territoriale nelle regioni non dichiarate zone di guerra.

La grande uniforme era quella di sempre: abito turchino scuro a code, chiuso con due file parallele di nove bottoni bombati di metallo bianco, risvolti e profilature scarlatti, guarnito di doppi alamari al colletto ed ai paramani; cappello a "feluca"(termine improprio) per gli ufficiali, a "lucerna" (dal gergo popolare) per tutti gli altri, con pennacchio rosso-blu a "salice piangente"per i primi, dritto per i restanti militari; spalline d'argento con frange d'argento, bianche o miste a seconda del grado; cordelline d'argento, bianche o miste bianco-turchino; sciarpa azzurra per gli ufficiali; pantaloni lunghi turchini con doppie bande scarlatte e sottopiedi per gli ufficiali ed i militari a cavallo, con una sola banda per sottufficiali e carabinieri a piedi.

Gli ufficiali, in particolari servizi montati, indossavano pantaloni corti da cavalleria, sempre con doppie bande, infilati dentro agli stivali neri. I guanti erano bianchi e la sciabola aveva gli accessori specifici per la grande uniforme. L'uniforme ordinaria prevedeva per gli ufficiali: giubba turchina modello 1900 a doppio petto, chiusa da due file di nove bottoni disposti a forma di corazza (ossia la distanza tra esse andava diminuendo progressivamente dal petto alla vita), pantaloni lunghi, ovviamente con doppie bande scarlatte e sottopiedi, stivalini neri, berretto, guanti bianchi, sciabola con accessori in cuoio nero.


Gruppo di militari della specialità a cavallo fotografati nell'interno di una scuderia.
Sottufficiali e carabinieri indossavano: l'abito turchino a code di piccola uniforme, con risvolti dello stesso colore, privo di profilature rosse e guarnito di un solo alamaro al colletto, cappello, pantaloni pure turchini lunghi con due od una banda (pistagne per gli allievi), a seconda se i militari erano a cavallo o a piedi; i primi avevano in dotazione anche pantaloni corti bigi con doppie bande (o pistagne) turchine e gambali per i servizi fuori residenza; per tutti poi guanti bianchi, sciabola da cavalleria o daga da fanteria oppure moschetto modello 91 e pistola a rotazione modello 89, secondo il tipo di impiego.

Durante i servizi notturni e fuori residenza per perlustrazioni od in bicicletta, al posto dell'abito veniva portato il giubbone turchino ad un petto, con il colletto dritto guarnito di alamari, chiuso da nove bottoni bianchi (i marescialli avevano la bottoniera coperta), berretto, bandoliera nera. I pantaloni erano infilati dentro i gambali o negli stivaletti neri allacciati.