La pistola del ritorno al turchino. Beretta mod.1923

Vista laterale della piscola Beretta mod.1923.
Per descrivere questo modello dobbiamo fare un passo indietro. Nel 1922 la Beretta mise in produzione una variante del precedente Brevetto 1915, la Brevetto 1915-19, meglio conosciuta come Modello 1922, la quale ne conservava le caratteristiche generali con alcune innovazioni: fissaggio della canna ottenuto con un incastro longitudinale; unica apertura sul carrello per l'espulsione dei bossoli e per lo smontaggio della canna; supporto del mirino non più alla canna ma al carrello; leva della sicura a braccio unico con bottone zigrinato; guanciole in lamierino anziché in legno; assenza della sicura posteriore; calibro 7,65 mm..


Vista laterale della piscola Beretta mod.1923.
Quest'arma non ottenne molto successo; difatti qualche centinaio di esemplari fu approvvigionato per la Regia Marina, per il Ministero dell'Aeronautica e per la Milizia Stradale. Si sa che alcuni esemplari cromati vennero acquistati anche per la Casa Reale. Nel 1923 la Beretta presentò al Regio Esercito una nuova pistola semiautomatica, sempre riferita al Brevetto 1915-19, ma con l'aggiunta sul carrello della sigla M°23, che stava appunto per Modello 1923. Le novità furono: il cane esterno; il congegno di scatto dotato di un semplice disconnettore azionato dal carrello otturatore; dente di bloccaggio del carrello diverso; sicura inseribile ruotando all'indietro la leva e miglioramento dei congegni di sicurezza, tale da non consentire al cane di abbattersi se non a carrello completamente chiuso.

Ne venne anche realizzata una variante predisposta per l'impiego di un calciolo fondina in cuoio, che consentiva di imbracciarla come un'arma lunga. La Modello 23 non ebbe tuttavia il successo desiderato (ne furono infatti prodotti poco più di 10.000 esemplari), in quanto i nostri ufficiali la ritenevano troppo ingombrante ed infatti era piuttosto massiccia allo scopo di poter calibrare il 9 mm. Glisenti.