Alice nel paese delle meraviglie

Paracadutista sportivo dei Carabinieri atterra sulla Regina di cuori

In un bel pomeriggio d'estate Alice, una bambina vivace e curiosa, se ne stava seduta sull'erba in riva a un fiume, in compagnia di sua sorella che leggeva un libro. E doveva essere una lettura alquanto noiosa. Infatti in quel libro non c'erano figure, non c'erano dialoghi: a starci dietro c'era da farsi venire il mal di testa.

Oltretutto faceva molto caldo. Gli occhi di Alice cominciavano a diventare pesanti di sonnolenza. E fu a questo punto che lei vide passare un Coniglio Bianco con gli occhi rosa. Le passò proprio davanti.

Chiunque penserebbe che Alice si meravigliasse di quell'apparizione, tanto più che il Coniglio era grosso, camminava ritto sulle gambe posteriori, parlava.

"Povero me, povero me! Arriverò tardi", diceva.

Invece, lì per lì, Alice non si meravigliò. Provò un po' di stupore solo quando il Coniglio trasse dal taschino del panciotto un grosso orologio, ripeté che per lui era tardi, e affrettò il passo.

Lo stupore di Alice finì nel momento in cui lei si addormentò e, nel sogno, tutto le sembrava normale, naturale.

Il Coniglio andava spedito, ma Alice non si lasciò distanziare.

"Voglio proprio vedere dove va. Voglio andarci anch'io", pensava.

Il Coniglio entrò in una tana, e lei dietro, che gli diceva: "Aspettami, per favore, portami con te".

Riuscì a seguirlo nella tana, percorse una galleria, ma a un tratto si sentì precipitare, come se un vortice la risucchiasse verso il basso.

"Andrò a finire al centro della Terra, forse ancora più giù, la bucherò tutta, la Terra, e mi ritroverò dall'altra parte. Sarà un'avventura straordinaria", si entusiasmò.

Ed ecco disegnarsi davanti ad Alice un lungo corridoio, con una porticina sul fondo, una porticina piccolissima.

"Di lì non riuscirò mai a passare. Forse sarebbe meglio cercare di tornarmene indietro", rifletté.

Ma risalire era ancora più difficile.

La bottiglia con la scritta 'BEVIMI'Si guardò attorno, e vide su un tavolino una bottiglia con su scritto: "Bevimi". Alice bevve, e subito si ritrovò così piccola da poter passare attraverso la porticina.

Prima però bisognava aprirla, quella porticina, ci voleva la chiave. E la chiave era sul tavolino, che adesso sembrava alto come una montagna, perché Alice s'era rimpicciolita al punto da poter stare dentro un ditale per cucire.

"Povera me!", esclamò. "Non riuscirò mai a raggiungerla...", e per la delusione e la paura cominciò a piangere forte.

Ma ecco, a portata di mano, una scatola di biscotti, con su scritto: "Mangiami".

Alice, per consolarsi, ne mangiò, ne mangiò... e divenne altissima. Ma avendo continuato a piangere, come fanno a volte i bambini anche quando non ce n'è più motivo, le sue lacrime erano diventate grandissime, tanto da formare un torrente.

"Mi arrangerò", non si perse d'animo Alice. "Adesso che ho preso la chiave, berrò un altro sorso dalla bottiglietta magica, tornerò come uno gnomo, e userò la bottiglietta come una zattera per raggiungere la serratura della porticina".

Le batteva forte il cuore mentre sentiva gli scatti nella toppa, e dovette sgranare gli occhi dallo stupore quando, aperta finalmente la porticina, si ritrovò in un mondo che non supponeva esistesse, dove Topi, Coccodrilli, Pappagalli parlavano e straparlavano, e ragionavano un po' da savi, un po' da insensati.

Alice rifletté che essi si comportavano, tutto sommato, come le persone adulte che lei conosceva. Perciò si mise a discorrere con loro, mentre nella sua mente passavano le immagini delle amichette, delle compagne di scuola. Persino i libri che aveva letto le offrivano degli argomenti di conversazione.

Ma ecco sopraggiungere Coniglio Bianco, sempre di corsa e un po' affannato.

"Povero me, povero me!", diceva. "Chissà la Duchessa come sarà arrabbiata del mio ritardo".

Poi, vista Alice, la scambiò per la sua cameriera Marianna e le impose di andare subito a casa, dove c'era del lavoro da sbrigare. Lei ubbidì. Bisogna dire che si divertiva di tanto trambusto, di tante stranezze che però non le sembravano stranezze.

Fu nella casa di Coniglio Bianco che Alice trovò, sopra una mensola, una nuova bottiglietta misteriosa.

"E se ne bevessi un sorso?", si disse. "Può darsi che torni a riprendere le mie dimensioni normali, la mia figura. Sono stufa di essere così piccola".

Bevve, e in effetti cominciò a ricrescere, ma la sua statura non si fermava. Il rischio era che, diventando gigantesca, mettesse in pericolo la stabilità dei muri della graziosa dimora di Coniglio Bianco. Il quale, difatti, urlò: "Mi sfonda la casa! Anche se mi dispiace, devo darle da mangiare una delle mie gustosissime carote". E, a malincuore, gliela diede.

Alice l'addentò, e dopo i primi morsi riprese a rimpicciolire. Ma anche in questo caso la sua statura non si stabilizzava: diminuiva sempre di più, divenne quasi microscopica, come quella di un bruco, di una formica.

"Bisogna che Coniglio Bianco trovi un altro rimedio. Già, ma dov'è andato? Sparisce sempre, quel Coniglio", si preoccupò Alice. E si mise a cercarlo dappertutto.

Alice nel Paese delle Meraviglie - Il tranquillo insetto sdraiato su una fogliaFu un tranquillo Insetto sdraiato su una foglia, intento a fumarsi la pipa, a soccorrerla.

"Mia cara Alice, se ci tieni davvero a ridiventare grande, mangia un pezzetto del fungo sul quale sei seduta. Ma addentalo dalla parte destra. La parte sinistra serve invece a far rimpicciolire".

Alice non se lo fece ripetere due volte. Ma mangiò forse un po' troppo del fungo, e così si sentì crescere fino a diventare più alta di tutti gli alberi del bosco.

Chiunque si sarebbe trovato a disagio con una statura gigantesca a tal punto. Per fortuna, Alice si ricordò delle parole dell'Insetto, mangiò un po' di fungo dalla parte sinistra e riacquistò le sue dimensioni normali.

Stava dunque rallegrandosi delle riottenute fattezze di bambina, quand'ecco avvicinarsi un grosso Gatto, che la salutò molto educatamente e le domandò se stesse cercando qualcuno.

"Cerco Coniglio Bianco", rispose Alice.

"Lo troverai a casa della Lepre Marzolina. Là ogni tanto danno delle feste, delle strane feste. Buona fortuna! E tieni bene aperti gli occhi e le orecchie".

Il Cappellaio Matto in compagnia della lepreAssieme alla Lepre Marzolina, a festeggiare c'erano un Cappellaio Matto e un Ghiro. Il Ghiro parlava poco, perché dormiva quasi sempre. Gli altri tenevano delle conversazioni assolutamente strampalate, senza un minimo di logica. Ma Alice pensò che la logica bisogna anche saperla trovare dove sembra che non ci sia: con umiltà e un pizzico di ironia.

Il più matto di tutti pareva il Cappellaio Matto, che non per nulla aveva questo nome. Ma anche gli altri non gli erano da meno. C'erano Tazze che ballavano, c'erano Teiere dentro cui cadevano i commensali al culmine d'un dotto ragionamento.

"Alla larga", disse dopo un po', nonostante la buona volontà, Alice. E confessò al grosso Gatto che l'aveva indirizzata alla festa di non essersi divertita affatto.

Allora il Gatto, attraverso una porticina, la guidò alla base d'un albero, e Alice si trovò al centro d'un labirinto da cui non era facile uscire. Nel dedalo di sentieri, tre Carte da Gioco s'affannavano a potare gli alberi e a mettere ordine. Sembravano assai preoccupate.

"Dobbiamo far presto. Sta per arrivare la Regina. Guai se trova qualcosa fuori posto, qualcosa che non va".

E la Regina arrivò. Essendo una Regina, era preceduta da squilli di tromba.

"Ma guarda", si stupì Alice, "il trombettiere è Coniglio Bianco".

"E tu chi sei?", domandò la Regina ad Alice. "Non ti ho mai vista nel mio reame. Vieni, che ti sfido in una partita con la palla".

La Regina era convinta di vincere, o che comunque Alice l'avrebbe, per cortesia, lasciata vincere. Invece fu Alice a sconfiggere la Regina che, per la rabbia e l'umiliazione, decise di farla decapitare.

"Così lo capirai, chi sono io, come ci si comporta davanti a me!".

Buon per Alice che avesse conservato nella tasca del suo abito un po' del fungo miracoloso. Ne mangiò dalla parte che ingigantiva, e subito divenne di proporzioni tali che i soldati incaricati di arrestarla, spaventati, si fermarono: non osavano più avvicinarsi.

Poi Alice addentò il fungo dalla parte opposta e, a poco a poco, riprese la sua giusta figura.

"Sotto, miei prodi!", gridò la Regina. "Ormai potete affrontarla, catturarla. Portatemela qui, subito".

S'iniziò un inseguimento con il fiato grosso. Era Alice ad essere spaventata, adesso. Corse. Corse. Stava per essere raggiunta. Ma in un turbine di vento, fra lenzuola di nebbia, sparirono i soldati e si dissolse il Paese delle Meraviglie.

E Alice si ritrovò sulla riva del fiume, con il capo in grembo alla sorella, che affettuosamente le stava togliendo dai capelli alcune foglie cadute da un albero.