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Sci Alpino

Non solo Tomba, anche se lui è stato il più popolare, e il più vincente, nella storia dello sci: l'uomo-immagine, il supercampione che catturava tifosi e sponsor in ogni angolo del mondo.
Medagliere La Sezione Sport Invernali dell'Arma presenterebbe un bilancio largamente positivo anche se non avesse annoverato nelle sue file Alberto Tomba. Nata nel 1965, già alla fine degli anni Sessanta era fra le società sportive più titolate in Italia, quando gli atleti tesserati erano poche decine. Dopo una primissima fase, nella quale gareggiavano i carabinieri che (avendo frequentato i corsi sciistici a Vigo di Fassa e nella Scuola Alpina del Monte Bondone) avevano dimostrato attitudini e capacità, si passò all'arruolamento di giovani atleti attratti dalla garanzia che l'organizzazione dell'Arma - anche nel settore sportivo - avrebbe svolto il proprio compito con professionalità. Fu il loro afflusso nelle file della sezione che fece decollare il livello qualitativo.
All'inizio degli anni Settanta - all'epoca della famosa "valanga azzurra" (che ebbe come punta di diamante Gustavo Thoeni) - dal Centro sportivo di Selva di Val Gardena uscirono campioni come i cugini Helmut ed Eberhard Schmalzl, come Michele Stefani, Osvaldo ed Enrico Demetz, Egidio Sartorelli, Gottardo Staufer. O come Erwin Stricker, Diego Amplatz, Alex Giorgi, Willi Demetz, Arnold Senoner, Mauro Bernardi. O, negli anni seguenti, altri atleti del livello di Christian Polig, Luca Pesando, Werner Perathoner, Ivano Camozzi, specialisti delle discipline tecniche o della velocità. Tutti sciatori che figurarono molto bene sia in Coppa del Mondo che in Coppa Europa. Nel 1969-70 Eberhard Schmalzl vinse il primo titolo mondiale militare, nello slalom gigante.

Alberto Tomba.Gli allori di Tomba hanno fatto la storia dello sci. Come quelli di Stenmark, di Hermann Maier, di Gustavo Thoeni, di Zeno Colò, di Jean-Claude Killy, di Toni Sailer. Ma persino nell'elenco degli immortali, Alberto merita un posto a parte, per la personalità prorompente che - unita alle doti tecniche da fuoriclasse autentico - ne ha fatto un personaggio carismatico, anche fra i non appassionati di sport. Cinquanta vittorie in Coppa del mondo, un numero esorbitante di podi, una Coppa del mondo assoluta, otto di specialità, cinque medaglie olimpiche, tre ai Mondiali. Una carriera strepitosa. Un rapporto con l'Arma solido, nonostante alcune stravaganze e qualche imbarazzo. Ma il "carabiniere" Tomba è stato, sopratutto, un interprete straordinario delle specialità tecniche dello sci (il gigante e lo speciale), che ha dominato con uno stile personale e inimitabile. Per un decennio ha oscurato tutti gli altri, persino quelli che - favoriti dal regolamento - gli strappavano la Coppa dalle mani affidandosi ai punti delle combinate e a una maggiore polivalenza. All'epoca di Albertone, altri atleti dell'Arma si comportavano con onore, ma la loro fama fu ovviamente oscurata da quella del supercampione bolognese. Fu il destino di Carlo Gerosa (oggi apprezzato commentatore televisivo), Franco Colturi, Patrick Holzer, Oswald Toetsch, Roberto Spampatti.

Sciatori Carabinieri in una immagine storica degli anni Trenta.Negli anni Settanta gli sciatori italiani si battevano ad armi pari con gli austriaci. Nel 1975 Gustavo Thoeni vinceva la sua quarta Coppa del mondo, davanti a un certo Ingemar Stenmark, allora quasi esordiente. La prima se l'era aggiudicata nel 1969, appena ventenne. Nel 1972, alle Olimpiadi di Sapporo, Thoeni aveva vinto l'oro nel gigante e l'argento nello speciale. Nel 1974 la Coppa era andata a Pierino Gros che, due anni più tardi avrebbe vinto lo speciale alle Olimpiadi di Innsbruck. Thoeni e Gros, due campioni straordinari: ma, dietro di loro, molti altri atleti ottenevano eccellenti risultati.
Nel 1972 un ragazzo di Vipiteno, il carabiniere Herbert Plank, s'impose all'attenzione come discesista, una specialità nella quale la scuola italiana ha sempre faticato maggiormente ad affermarsi. Prima di allora Plank si era cimentato - senza ottenere risultati eclatanti - come gigantista. Ma la sua vocazione era la velocità, anche se i critici ritenevano che difettasse di temperamento e determinazione. Modesto e schivo, ebbe un solo grande problema nella sua carriera: essere contemporaneo di uno dei più grandi discesisti della storia, l'austriaco Franz Klammer (soprannominato Kaiser Franz). Terzo nella classifica di specialità della Coppa del Mondo nel 1973 e nel 1975, Herbert fu secondo dietro a Klammer nel 1976. In quella stagione, alle Olimpiadi di Innsbruck, Plank conquistò la medaglia di bronzo in discesa libera dietro al solito Klammer e ad un altro grande campione, lo svizzero Bernhard Russi. L'anno successivo Plank ottenne il suo miglior risultato complessivo in Coppa del Mondo ottenendo il quinto posto in classifica generale, primo degli italiani.
Herbert Plank.La gara di Innsbruck merita di essere raccontata. È il 5 febbraio 1976: si corre sulla velocissima pista del Patscherkofel davanti a 70 mila spettatori. Plank ha un paio di incertezze nella parte alta del percorso, ma poi scende come un fulmine. Bernhard Russi, medaglia d'oro della specialità nelle precedenti Olimpiadi di Sapporo, fa meglio di lui di circa mezzo secondo: 1'46"06 per lo svizzero, 1'46"59 per il carabiniere altoatesino. L'ultimo a scendere del primo gruppo è il fuoriclasse Klammer, davanti al suo pubblico. A tre quarti di gara, prima della "esse" finale, Klammer ha il terzo tempo, ma nell'ultima curva Kaiser Franz compie un autentico capolavoro, che gli permette di tagliare il traguardo in 1'45"73, alla media di 102.827 chilometri orari. I commentatori sono concordi nel ritenere che l'ordine d'arrivo abbia messo in fila i tre più forti specialisti del momento. Herbert Plank è il primo discesista italiano a salire sul podio olimpico dopo ventiquattro anni. A Oslo, nel 1952, la medaglia d'oro aveva cinto il collo di Zeno Colò.
Nell'arco della sua carriera, Herbert vinse cinque discese di Coppa del Mondo.

Herbert Plank è stato uno dei più forti discesisti negli anni Settanta.Dopo il ritiro di Plank (nel 1981) passarono cinque anni prima che un altro atleta italiano salisse sul podio in una gara di Coppa del Mondo in discesa libera. L'impresa riuscì, nel gennaio 1985, sulla leggendaria Streif di Kitzbuehl, a Michael Mair, carabiniere come Plank. Ed è stato lui il discesista azzurro più forte dopo l'era Plank e prima dell'era Ghedina. "Gigante buono" per definizione, Much (questo era il suo diminutivo) Mair ottenne meno successi di quelli che la sua classe e il suo temperamento avrebbero meritato. Ma lo sci è uno sport nel quale concorrono troppi fattori: una gara si può perdere per pochi centesimi di secondo per ragioni impalpabili che poco hanno a che vedere con la preparazione o i meriti dell'atleta: perché la sciolina non era ideale, perché i materiali non erano i più adatti a quella pista, perché una nuvola passeggera ha ridotto la visibilità proprio in quel momento, impedendo all'atleta di correre in condizioni ideali. Mair era un grande campione, ma non fu sempre assistito dalla fortuna.

Michail Mair, grande specialista della discesa negli anni Ottanta.Non è stato facile per lo sci azzurro adattarsi al dopo Tomba. Non è stato facile per il circo bianco in generale. Rispetto a qualche anno fa sono diminuiti spettatori e sponsor. Sono i grandi personaggi che alzano gli indici di ascolto. La crisi attuale - secondo molti osservatori - è determinata anche dai nuovi materiali (in particolare gli sci molto veloci) che hanno finito per appiattire il rendimento dei vari atleti, dal numero eccessivo di gare, dalla scelta di tracciati poco selettivi. Prima di Tomba c'era Stenmark, e prima ancora Thoeni e Klammer, e prima ancora Killy, che aveva raccolto l'eredità di Toni Sailer. Oggi mancano i supermen, quelli in grado di infiammare la fantasia dei tifosi.
Gli italiani si difendono, per merito - fra l'altro - di alcuni esponenti dell'Arma, che stanno ottenendo risultati molto incoraggianti.
Il carabiniere scelto Giorgio Rocca, originario di Livigno, un paese della Lombardia al confine con la Svizzera, si è scrollato il peso di essere considerato l'erede di Tomba. Avere tutti gli occhi puntati addosso lo privava della tranquillità indispensabile per gareggiare al meglio in una specialità difficile come lo slalom, che richiede concentrazione e serenità. Ha familiarizzato con i nuovi sci cortissimi (i suoi misurano appena un metro e 55 centimetri). Ed è tornato finalmente al ruolo di campione che sembrava appartenergli di diritto dopo il quarto posto ai Mondiali di Veil del 1999. Nelle due stagioni successive, tuttavia, aveva sommato una serie di prestazioni molto deludenti che lo avevano escluso dal primo gruppo di merito in Giorgio Rocca, oggi il più forte atleta italiano nelle discipline tecniche.Coppa del Mondo. Nella stagione 2001-2002 è apparso rinato. «Mi sono concentrato maggiormente sulla tecnica e la preparazione sugli sci; ho sciato in allenamento molto di più; ho perfezionato i miei attrezzi. Ho trovato l'equilibrio psicologico». E ancora: «Mi sono abituato agli sci corti, li sento miei e li padroneggio. Mi diverto e mi sento più efficace. Riesco a fare quel che voglio e a gestire la gara, a non subire il percorso, a dettare il ritmo». Il podio, nelle gare di Coppa, non è più un tabù. Rocca ha ventisei anni, e ancora una lunga carriera davanti a sé.
Una sorpresa assoluta è venuta da un altro carabiniere, l'altoatesino Kurt Sulzenbacher, secondo nella drammatica discesa libera di Val d'Isere (dicembre 2001), segnata dal gravissimo incidente di cui è stato vittima lo svizzero Beltrametti. Una settimana dopo quell'exploit, Sulzenbacher si è ripetuto, salendo sul podio in Val Gardena, dietro Kristian Ghedina e il norvegese Lasse Kjus, due fuoriclasse.
Sulzenbacher ha raggiunto la notorietà a venticinque anni: un difetto alla vista non gli aveva permesso di emergere prima. Ha un fisico solido da montanaro, grande e grosso, e non ha avuto il tempo per montarsi la testa. Il pubblico si è improvvisamente accorto di lui e sulle piste sono apparsi i primi cartelli di incoraggiamento. Viene già considerato l'erede naturale di Ghedina. Le premesse perché sia nato un nuovo campione ci sono tutte. Le verifiche sono già in corso.