1993-1994. In Mozambico con la Missione Albatros.

Una carta del Mozambico. Indipendente dal 1975, la nazione è stata poi per lungo tempo preda di una intensa guerriglia.Il Mozambico aveva raggiunto la libertà dal Portogallo relativamente più tardi rispetto ad altri Stati africani, che avevano guadagnato questo importante traguardo negli anni Sessanta. Infatti solo il 25 giugno del 1975, dopo undici anni di lotta contro i portoghesi, il Frelimo (Frente de Libertaçao do Mozambique, Fronte di Liberazione del Mozambico), di ispirazione marxista-leninista, era riuscito a portare il Paese all'indipendenza e soprattutto a governare. Due anni dopo, però, si era formata una forte opposizione armata al Governo locale con la Renamo (Resistencia Nacional Moçambicana, Resistenza Nazionale Mozambicana), che chiedeva democrazia e multipartitismo attuando una guerriglia interna, forte di circa 21.000 uomini armati. Le due parti in lotta si sono combattute aspramente per lunghi anni, fino al 1992, quando con i buoni uffici italiani, in particolare del Ministero degli Affari Esteri e della Comunità romana di Sant'Egidio, le parti in causa iniziavano un costruttivo dialogo.
La vicenda relativa all'intervento multinazionale Onu in Mozambico ha la sua origine storica il 4 ottobre 1992, quando il Presidente Joaquim Alberto Chissano firmò a Roma un accordo con il Presidente della Renamo Alfonso Macacho Marceta Dhlakama: un accordo importante per la vita di quello Stato e la stabilità della regione, che sanciva l'irreversibilità del processo per la fine del conflitto armato. L'accordo, che comprendeva anche sette protocolli e l'accettazione ufficiale di quattro documenti dichiarativi, prevedeva infatti libere elezioni e soprattutto la cessazione delle ostilità fra i due gruppi rivali, con la formazione e il riconoscimento dei partiti politici.
Sostanzialmente era in programma la costituzione di un nuovo governo nel Paese: le Forze Armate mozambicane sarebbero state composte per il 50 per cento da quelle esistenti e per il resto da militari della Renamo. La Forza Armata doveva essere posta sotto controllo internazionale. Il giorno del "cessate il fuoco", che sarebbe stato quello di ratifica da parte dell'Assemblea parlamentare mozambicana dell'accordo, le Nazioni Unite avrebbero iniziato la loro opera di verifica con il dispiegamento dei "caschi blu". Era altresì previsto il ritiro delle truppe straniere presenti sul territorio, cioè di quelle dello Zimbabwe e del Malawi. Durante il periodo della tregua e dell'insediamento del nuovo Governo, la Polizia della Repubblica del Mozambico avrebbe continuato ad esercitare le sue funzioni sotto la responsabilità dello stesso Governo. L'Onu sarebbe stato il garante e il controllore del rispetto degli accordi presi.
A seguito di questi accordi, il 13 ottobre 1992 il Consiglio di Sicurezza aveva adottato una prima risoluzione, la n. 782, che era essenziale per lo stabilimento della missione. Di conseguenza, il Segretario Generale delle Nazioni Unite aveva incaricato un suo rappresentante speciale in Mozambico (un italiano, Aldo Ajello) e aveva inviato anche 21 osservatori militari nello Stato, per avere subito una presenza internazionale e preparare la pianificazione di una forza che potesse portare avanti gli scopi dell'accordo e della risoluzione. Il 16 dicembre successivo, in seguito ad un rapporto del Segretario Generale, il Consiglio adottò la risoluzione n. 797 con la quale si dava vita alla Missione Onumoz (Operaçao da Naciones Unidas au Mozambique, Operazione delle Nazioni Unite in Mozambico), con mandato fino all'ottobre 1993. Questo mandato includeva scopi e responsabilità basati sulla forte interrelazione tra le tre componenti principali della missione: quella umanitaria, quella elettorale e quella militare ve ne era anche una quarta, amministrativa).

Diviso in tre regioni, il Mozambico aveva diversi ''corridoi'', che consentivano agli Stati più interni dell'Africa meridionale, in particolare Zimbabwe e Malawi, l'accesso al mare. Alle forze italiane, venne affidato il controllo del corridoio.Questa missione, svolta in ambito Onu, su un territorio difficile, ha avuto una notevole valenza politica e di immagine per l'Italia in campo internazionale. Il mandato specifico per la componente militare era di monitorare e verificare il rispetto della tregua, la separazione e la concentrazione di forze, la raccolta e la distruzione delle armi; monitorare e verificare il completo ritiro delle forze straniere sul territorio; monitorare e attuare lo scioglimento di gruppi armati privati e irregolari; autorizzare dispositivi di sicurezza per le infrastrutture vitali; garantire la sicurezza delle nazioni e delle altre attività internazionali a supporto del processo di pace, specialmente nei corridoi di passaggio previsti tra i porti della costa mozambicana e il Malawi e lo Zimbabwe. Oltre alla forza militare, la risoluzione autorizzava la presenza di 354 osservatori militari delle Nazioni Unite.
Per ragioni operative il Mozambico era stato diviso in tre regioni: ognuna aveva un certo numero di corridoi che univano alcune terre interne dell'Africa meridionale ai porti del Paese. In particolare Zimbabwe e Malawi dipendevano, per il loro accesso al mare, da questi corridoi, che peraltro servivano per il passaggio degli aiuti umanitari. Anche questa volta, e a maggior ragione per l'impegno profuso dall'Italia nell'accordo di pace, il Governo accettò di inviare unità militari in Mozambico.
Alle forze italiane fu affidato il controllo del corridoio Machipanda (al confine con lo Zimbabwe) - Beira, con una strada asfaltata in ottime condizioni e una linea ferroviaria utile. Quel settore poteva contare anche su un porto e un aeroporto internazionale, ma era a forte rischio per la presenza di mine e bande di criminali comuni. Compiti particolari del contingente italiano furono chiaramente quelli di garantire la sicurezza del transito nel corridoio, con scorte armate ai convogli, dell'oleodotto che passava nel corridoio stesso, del terminale e della stazione di pompaggio. Era prevista anche l'assistenza sanitaria alle popolazioni.
Il contingente Italfor-Albatros, forte di 1.030 uomini fino al 3 maggio 1994 e successivamente con soli 230 elementi (riduzione dovuta alla riorganizzazione della stessa Onumoz), era composto anche di un Nucleo Carabinieri per le esigenze della Polizia Militare, nell'ambito della missione internazionale: i militari erano integrati nel Reparto Comando e Supporti Tattici della Brigata "Taurinense"; il Nucleo era composto da un sottufficiale e 4 appuntati. In seguito, come detto, la stessa Brigata riduceva il personale partecipante all'operazione, per cui l'8 luglio 1994 furono rimpatriati 3 appuntati, mentre i restanti 2 rientrarono il 5 settembre. Nel dicembre 1994 tutto il personale di Onumoz veniva ritirato, e il 16 dicembre si chiudeva ufficialmente la partecipazione italiana alla missione in Mozambico.