...Come detto, l'Italia partecipò all'impegno internazionale ai sensi di un accordo bilaterale con il Libano: su richiesta del Vice Primo Ministro e del Ministro degli Affari Esteri libanese, inviò un battaglione a far parte della Forza Multinazionale. La prima missione, che operò sul territorio dal 26 agosto all'11 settembre 1982, con 519 unità, fu affidata al 2° Battaglione Bersaglieri "Governolo", del quale faceva parte un Plotone di carabinieri; la seconda fu inviata il 24 settembre dello stesso anno e operò fino al 6 marzo del 1984, data di partenza dal Libano della Compagnia Paracadutisti dei Carabinieri, ultimi militari italiani a rientrare in patria. Mediamente furono presenti 2.300 uomini.
Il contingente italiano, al pari di quello francese e americano, non sarebbe stato inserito nei gruppi tattici libanesi, ma sarebbe stato schierato, come forza di interposizione, lungo il settore meridionale della cosiddetta "Linea Verde", la linea di demarcazione che divideva Beirut in settore musulmano e settore cristiano. Come era stato previsto nell'accordo, i singoli contingenti sarebbero rimasti ognuno sotto il comando e il controllo operativo dell'autorità militare nazionale designata. Un Comitato Militare, formato dai comandanti dei singoli contingenti, avrebbe garantito il coordinamento tecnico in collegamento con un Comitato Politico composto dagli ambasciatori dei Paesi di appartenenza dei singoli contingenti e dal rappresentante del Governo libanese. I contingenti dovevano proteggere soprattutto la popolazione civile: si trattava di una Forza Multinazionale di pace e non di occupazione.
Compiti del contingente italiano Libano I, così come degli altri presenti sul territorio, erano garantire la sicurezza fisica dei palestinesi che lasciavano Beirut e degli altri abitanti della città e favorire il ristabilimento della sovranità e dell'autorità del Governo libanese nel settore assegnato. L'inizio delle operazioni era previsto nelle ventiquattr'ore susseguenti allo sbarco. Il 21 agosto 1982 il contingente partì dall'Italia e il 26 agosto sbarcò in Libano. Lo stesso giorno le operazioni ebbero inizio. Il 27 agosto, come primo servizio, gli italiani scortarono un convoglio di palestinesi da Beirut ovest alla volta della Siria. Il 30 fecero la prima scorta a un convoglio dell'Esercito regolare siriano.
Il contingente italiano completò l'evacuazione, per via ordinaria, della Forza Araba di Dissuasione il 31 agosto 1982: questa Forza, composta all'85 per cento di elementi siriani, era stata istituita nel dicembre 1976, a garanzia della tregua raggiunta nel quadro della guerra civile libanese. Conclusa la missione, i militari italiani rientrarono in patria prima del previsto. L'11 settembre lasciarono Beirut per mare alla volta di Larnaka, a Cipro, e da qui, tra il 12 e il 18 dello stesso mese, raggiunsero l'Italia.
Ma si trattò solo di un brevissimo intervallo. A partire dal 25 settembre 1982, infatti, la missione italiana dovette essere rinnovata, a causa della situazione sempre più difficile a Beirut e soprattutto in conseguenza dei massacri dei civili palestinesi nei campi profughi di Sabra e Chatila. Il 22 settembre il contingente italiano (Italcon) si imbarcava di nuovo alla volta del Libano; il 24 sbarcarono le prime aliquote; il 27 lo schieramento italiano fu completato. Il 20 febbraio 1984 le forze italiane iniziarono il rientro in patria, che si concluse il 26 febbraio con lo sbarco a Livorno delle ultime Sezioni, ma rimase a Beirut una Compagnia di Carabinieri Paracadutisti, forte di 80 unità: un Distaccamento operativo fu ufficialmente costituito il 21 febbraio 1984 e disciolto il successivo 6 marzo, data del rientro in Italia. L'Arma dei Carabinieri fu dunque presente in Libano in entrambi i periodi in cui operò la Forza Multinazionale, ed è tuttora presente nella missione Unifil, ancor oggi attiva, con
due unità.

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Integrate nel contingente italiano, parteciparono alla Missione Libano I due Compagnie di Carabinieri Paracadutisti del Battaglione "Tuscania", cui furono affidati principalmente compiti operativi, e un Plotone rinforzato del 3° Battaglione Carabinieri "Lombardia" - che fu aggregato il 12 agosto 1982 al Battaglione Bersaglieri della "Governolo" - con compiti di polizia militare: circa 300 uomini in totale. La forza complessiva dei Carabinieri si mantenne mediamente sui 160 uomini, con una punta massima di 274 unità: si alternarono 20 ufficiali, 54 sottufficiali, 407 militari di truppa, suddivisi tra 306 effettivi e 101 ausiliari. I normali turni di avvicendamento furono di 6 mesi per i Comandi di Battaglione e di 4 mesi per il resto del personale. Dei 75 elementi italiani feriti in Libano, 13, tra i quali lo stesso Comandante del "Tuscania", appartenevano all'Arma. I carabinieri presenti nel contingente italiano in Libano hanno svolto, al pari degli altri reparti, quelle funzioni previste in via generale per la Forza Multinazionale: hanno agito come strumento operativo, inquadrato nel Raggruppamento italiano (che si era costituito ufficialmente il 23 settembre 1982), per l'assolvimento dei compiti istituzionali demandati dalla comunità internazionale alla Forza di Pace.
I carabinieri del Plotone di Polizia Militare, operanti alle dipendenze del Comando di Raggruppamento, hanno assolto compiti relativi a: polizia giudiziaria militare e comune; infortunistica stradale; scorta ad autocolonne; scorta alle personalità diplomatiche e militari. Hanno curato la vigilanza e la sicurezza della sede del Comando del contingente; hanno garantito la sicurezza degli accampamenti e delle installazioni logistiche e provveduto ai pattugliamenti notturni con compiti di controllo e di collegamento delle postazioni.
Le attività espletate dai carabinieri in Libano hanno riguardato anche l'opera di prevenzione, e in taluni casi di repressione, dei reati connessi allo spaccio di stupefacenti: Beirut era infatti uno dei luoghi più attivi per il commercio di droga e l'opera svolta dall'Arma è stata di grande utilità per acquisire nuovi elementi di lotta contro il fenomeno, sia localmente che a livello regionale. L'impegno nel settore dell'infortunistica stradale richiese che il Plotone di Polizia Militare fosse rinforzato con un Nucleo specializzato nel rilievo di incidenti di particolare importanza. Una Compagnia del "Tuscania" assicurò la vigilanza esterna dell'Ambasciata d'Italia a Beirut.
I Carabinieri rimasero anche dopo la partenza del contingente italiano, in una situazione delicata e potenzialmente rischiosa: una decisione difficile, ma importante anche sul piano internazionale. Il Libano era suddiviso in varie aree: a Beirut ovest si trovava la Forza Multinazionale con l'Esercito regolare libanese, a sudest erano gli israeliani, e a sud degli israeliani la forza Unifil.
Al tempo della seconda missione libanese (denominata Libano II) la situazione di Beirut era la seguente: la città, come detto, era divisa in due dalla cosiddetta "Linea Verde", che era stata concordata tra le fazioni cristiana e musulmana; di fatto restava divisa in zona est e zona ovest. La zona ovest era controllata dall'Esercito regolare libanese con il concorso della Forza Multinazionale. Quella est, caotica, era affidata alle forze locali, che rispondevano politicamente al Presidente della Repubblica libanese: confluivano in esse i falangisti, il Partito liberale nazionale, la Lega maronita, i Guardiani del Cedro. Una situazione complessa etnicamente e politicamente, senza dimenticare la diversità delle confessioni religiose. Il Libano non è mai stato un territorio di facile amministrazione, anche se negli anni precedenti era considerato la Svizzera del Mediterraneo: forse solo in quel particolare tipo di economia e di politica finanziaria potevano convivere i vari aspetti della società libanese.

...Nella Missione Libano II il contingente italiano ebbe la responsabilità di un settore compreso tra quello francese a nord e quello americano a sud. Il settore italiano fu suddiviso in aree di competenza: al Battaglione "Folgore", in totale 446 unità, era assegnato il compito di presidiare gli ingressi sud di Sabra e Chatila, l'area nord dell'aeroporto internazionale di Beirut e il pattugliamento del campo profughi di Burj el Baraj. Al Battaglione Carabinieri Paracadutisti furono assegnati la vigilanza di Burj el Baraj e il pattugliamento di Beirut est su itinerari prestabiliti.
Burj el Baraj, nella zona sud di Beirut, era ubicato certamente in un settore di notevole importanza strategica lungo la strada che portava all'aeroporto; campo, come noto, a netta prevalenza palestinese, ma in una zona dove Amal, la milizia musulmana sciita più numerosa e organizzata di Beirut, aveva la sua maggiore influenza. In quel contesto la situazione era particolarmente tesa e compito specifico del "Tuscania" era, tra gli altri, quello di impedire che vi girassero uomini armati, a meno che non appartenessero alla Forza Multinazionale, per evitare qualsiasi tipo di incidente o di preparazione di azioni armate. L'area veniva controllata sia con postazioni fisse agli ingressi principali, sia con pattugliamento a piedi nei vicoli interni.
Il "Tuscania" ebbe anche, come si è ricordato, il compito del pattugliamento di Beirut est su itinerari prestabiliti: ma le forze italiane, come le altre multinazionali presenti, non potevano compiere operazioni di polizia in proprio né in concorso con quelle libanesi. Erano una forza di interposizione, di prevenzione, ma non sostituivano le forze libanesi nel tessuto statuale e quindi anche nelle operazioni di polizia. Era integrato nel "Tuscania" anche il Plotone Carabinieri del Battaglione "Lombardia", precedentemente impiegato. In seguito questo reparto fu sostituito da altri Battaglioni Paracadutisti della "Folgore", ma l'Arma continuò ad inviare periodicamente proprie aliquote nel contingente Italcon, fornendo servizi non solo relativi alla polizia militare.
Agli inizi di febbraio del 1984 il Raggruppamento italiano di pace in Libano doveva costituire una forza di interposizione nelle località concordate e non più controllare i campi palestinesi, sempre facendo parte di una Forza Multinazionale per l'assolvimento del compito generale previsto dagli accordi bilaterali con il Governo libanese. Le Forze di Pace dovevano assistere il Governo libanese e le sue Forze Armate nel ristabilimento dell'ordine e della sovranità, sempre tutelando la sicurezza della popolazione civile e cercando di porre fine alle violenze.
In quel momento i carabinieri presenti erano articolati in un Plotone di Polizia Militare, alle dipendenze del Capo di Stato Maggiore, proveniente dal Battaglione "Lombardia", in un Comando di Carabinieri Paracadutisti del "Tuscania" e in una Compagnia Carabinieri Paracadutisti, inquadrata nel Battaglione "Folgore": in tutto 14 ufficiali, 40 sottufficiali e 220 tra brigadieri, appuntati e carabinieri. Il Ministero della Difesa libanese con suo decreto conferì a quattro militari italiani, tra i quali un carabiniere, un'alta onorificenza. Si trattava di militari feriti il 14 dicembre 1983 a Beirut, durante il servizio, da elementi ignoti. L'onorificenza fu certamente il risultato della grande considerazione che si aveva per i militari italiani operanti in Libano. Altri tre carabinieri furono feriti nel periodo tra il dicembre 1983 e il marzo 1984.
La seconda missione in Libano era iniziata con un senso di provvisorietà e di rapidità, ma si prolungò nel tempo. Gli impegni affidati all'Arma nell'ambito del contingente Italcon divennero molteplici e complessi. Per avere un'idea di quanto fu fatto dai carabinieri, basta esaminare i dati statistici dell'ultimo mese di loro permanenza in Libano, cioè del periodo dal 1° al 26 febbraio 1984: oltre all'attività di polizia giudiziaria comune e polizia giudiziaria militare, furono rilevati 5 incidenti stradali fra mezzi militari e macchine civili libanesi; per servizi di vigilanza e scorta furono effettuate in totale: 4.368 ore per la vigilanza del Comando del contingente; 2.720 ore per pattugliamenti, attività di polizia giudiziaria militare, controllo specializzato del traffico e attività informativa; 4.570 ore per scorte ad autocolonne militari e ad ufficiali generali; 1.950 ore di servizio al Comando di contingente.
Con la partenza del 6 marzo 1984, però, l'impegno in Libano non era terminato: nel 1986 il Segretario Generale delle Nazioni Unite chiese di conoscere la disponibilità italiana a fornire all'Unifil del personale: i 4 militari richiesti avrebbero fatto parte del Reparto di Polizia Militare "combinata", cioè multinazionale. Per le vie brevi fu fatto esplicito riferimento ai Carabinieri. Fu certo una richiesta di grande prestigio per l'Arma, che però in quel momento non disponeva di tutti i soggetti adatti, perché impegnati in altre iniziative Nato e nella base di Comiso, in Sicilia. Tuttavia il Comando Generale decise di aderire alla richiesta, considerando che tra i compiti della Polizia Militare di Unifil vi era anche il controllo sul personale di tutte le Forze di Pace ivi dislocate, compreso il contingente italiano dello Squadrone Elicotteristi, a Naqura.
Nel 1993, per esigenze di bilancio Onu, il contingente fu decurtato di sette unità: i carabinieri furono ridotti a due. Nell'aprile del 1994 nuovamente l'Onu chiese l'assegnazione di altri due carabinieri per ripristinare il numero originario. I due militari sarebbero rientrati nella forza autorizzata dalle Nazioni Unite e quindi sarebbero stati a carico finanziario di quella Organizzazione. Il Comando Generale diede parere favorevole nell'ottobre 1994. Il 21 ottobre 1994 le due unità aggiuntive raggiunsero il Libano.
Attualmente sono presenti in Libano, a Naqura, due unità. Sono inquadrate nel Reparto Polizia Militare Multinazionale, che svolge compiti di vigilanza e di controllo agli accessi e agli edifici del Comando; di controllo del traffico: scorte ad autocolonne e rilievi conseguenti ad incidenti stradali; di polizia di frontiera: controllo delle persone che transitano da e per Israele. Il Reparto esercita la sua autorità su tutto il personale Unifil e sui soggetti civili, quando vi sono connessioni tra i civili e Unifil. È comandato da un Provost Marshal che, con un grado equiparabile a quello di tenente colonnello, è il Comandante della Polizia Militare. Questo delicato ruolo sarà svolto molte volte da ufficiali dell'Arma, nelle missioni di pace della metà degli anni Novanta.