Una cartolina d'epoca, che ripropone militari delle diverse Gendarmerie presenti a Costantinopoli negli anni venti.Analizzare in dettaglio i progetti sarebbe molto interessante, ma estremamente tecnico. Basti notare che le differenze si notavano soprattutto nell'ambito della struttura organizzativa: più pesante e articolata in quello di Caprini, mentre Carossini aveva preferito fosse più snella e meno onerosa, anche dal punto di vista finanziario. Un elemento curioso, ma significativo da ricordare, è poi quello relativo alle uniformi da indossare per gli ufficiali italiani eventualmente integrati nella Gendarmeria turca: mentre i due ufficiali avevano previsto che i militari italiani avrebbero dovuto continuare a indossare la propria uniforme, il Governatore dell'Egeo, Felice Maissa, nel 1920, nell'inoltrare al Ministero della Guerra e a quello degli Affari Esteri il progetto Carossini con le sue valutazioni in proposito, aveva notato che sarebbe invece stato opportuno che gli italiani impiegati nella Gendarmeria turca indossassero l'uniforme di quella istituzione, così da ridare prestigio al Governo ottomano, considerato che si voleva anche ristabilire l'autorevolezza di quest'ultimo, per conseguire buoni risultati nella sicurezza e nell'ordine pubblico. Ma di lì a poco si sarebbe concluso l'impegno italiano.
Un primo tentativo di pace tra l'Impero Ottomano e le potenze vincitrici non era andato a buon fine: infatti il Trattato di Sèvres del 1920 non fu ratificato dalla Turchia che non ne accettò le clausole, ritenendole vessatorie e ingiuste. Ma gli accordi che vennero poi firmati con il Trattato di Losanna del 1923 erano già stati delineati nel 1922. In seguito a questi preliminari e alla lunga occupazione di Costantinopoli, che non poteva venire più accettata dalle truppe vincitrici di Mustafà Kemal, anche se ormai Angora era il cuore politico del defunto Impero Ottomano, Rifaat Pascià, che dopo la destituzione del Governo di Costantinopoli aveva assunto l'incarico provvisorio di Governatore della città, chiese al Comitato di Controllo della Gendarmeria che la Polizia alleata si limitasse al servizio di polizia militare. Questa richiesta non fu accettata e Rifaat mise in essere una serie di contromisure, anche doganali, per indurre i generali ad accettare il suo punto di vista. Dopo una serie di forti contrasti, il 22 novembre 1922 fu deciso che la Polizia alleata avrebbe limitato la propria azione ai sudditi europei, mentre quella turca avrebbe avuto giurisdizione esclusiva sui concittadini. Con questo genere di accordo continuò però ancora il controllo alleato sulla Gendarmeria turca, anche se in qualche modo temperato dalle misure sopra ricordate.

1923: due carabinieri in servizio con due gendarmi turchi. Alle loro spalle il mar di Marmara.Il 26 luglio del 1923 gli Alti Commissari delle potenze occupanti decisero l'abolizione della Polizia internazionale: nella seduta dei Generali del Comitato del 24 luglio, gli esperti giuristi, incaricati di verificare la situazione giuridica dei Corpi di Occupazione, furono dell'avviso che l'Occupazione Interalleata non cambiava natura giuridica in seguito alla firma del trattato di pace; l'avrebbe cambiata quando il trattato avesse ottenuto le ratifiche bilaterali e pertanto fosse entrato pienamente in vigore. Dissero anche che nondimeno, a seguito della ratifica da parte della Turchia, l'Occupazione passava per un periodo di transizione, durante il quale sembrava opportuno apportare delle modifiche concernenti il servizio della Polizia e i tribunali militari e speciali. Pertanto la Polizia interalleata doveva limitarsi all'attività e alle funzioni di polizia militare e i tribunali non avrebbero dovuto aprire nuovi giudizi. Tale limitazione doveva essere resa nota o con bandi pubblici o tramite istruzioni chiare che i generali avrebbero impartito alle truppe dipendenti incaricate dei servizi di polizia e dei tribunali.
Il 3 agosto 1923 fu stabilito che i tribunali non avrebbero aperto nuovi giudizi; il 6 agosto che la Polizia interalleata avrebbe avuto esclusivamente funzioni di polizia militare e sarebbe intervenuta negli affari civili solo a protezione di sudditi europei. Il 4 settembre Caprini, ormai a capo della Delegazione italiana, firmava, insieme ai colleghi inglese e francese, i verbali di cessazione della Polizia interalleata: l'attività di controllo internazionale a Costantinopoli terminava e la sua fine fu sancita proprio dal Caprini, il 24 settembre del 1923.

La presenza in Anatolia

Contemporaneamente alla presenza a Costantinopoli, truppe italiane erano sbarcate, nel 1919, in Anatolia. Entrando in guerra a fianco delle potenze dell'Intesa, l'Italia aveva firmato a Londra, il 26 aprile del 1915, un patto, confermato successivamente il 17 aprile 1917 a Saint Jean de Maurienne (e noto come Accordo di San Giovanni di Moriana), che chiariva le condizioni di questo intervento: infatti a Londra era stata promessa all'Italia la parte occidentale dell'Anatolia, con le province di Aydin e Smirne, la costa mediterranea meridionale fino al porto di Mersina, oltre al possesso di Rodi e del Dodecaneso.
Giacomo Ponzio, Comandante Generale dell'Arma. Nel periodo della missione italiana in Turchia mantenne stretti contatti con l'Ambasciatore italiano a Costantinopoli.Le clausole del cosiddetto Accordo tripartito del 10 agosto 1920 - che aveva avuto le premesse nel ricordato accordo anglo-franco-italiano del 1917, nella Conferenza di Londra del febbraio 1920 e in quella di San Remo del 1920 - prendevano in considerazione «gli interessi particolari» della Francia nella Cilicia e nel Kurdistan e quelli dell'Italia nell'Anatolia meridionale, in particolare in quella zona che si estendeva tra il Golfo di Alessandretta, la ferrovia di Akshahr-Konya-Kutaya, il limite della città di Smirne e il Mediterraneo. Questo accordo sarebbe divenuto operativo solo con la ratifica del sopra ricordato Trattato di Sèvres, primo trattato di pace con l'Impero Ottomano, ratifica mai avvenuta, per rifiuto delle autorità turche di approvarlo. Quindi l'accordo decadde senza aver sortito alcun effetto. Nel settembre del 1921 l'Italia lasciò interamente la zona di Adalia, dove era appunto sbarcata solo due anni prima; nel 1922, definitivamente lasciava l'Anatolia.
Per quanto riguarda l'Arma, l'importante spedizione in Anatolia viene ricordata come la "Missione Caprini": anche su questa speciale missione, nelle Carte Caprini sono conservati tutti i progetti elaborati per l'azione da svolgere, con le varie modifiche. Contemporaneamente al suo impegno a Costantinopoli, infatti, il Caprini era stato molto attivo anche in Anatolia, quando il Regio Esercito aveva occupato una zona costiera tra Scalanova e Adalia, ove fin dagli inizi del conflitto l'Italia aveva deciso di creare una propria zona di influenza e di espansione in Asia Minore, di carattere principalmente economico, non disgiunto comunque da interessi politici.
Alla missione del riordinamento della Gendarmeria ottomana partecipò anche il maggiore Giovanni Battista Carossini, uno degli ufficiali più noti nel Mediterraneo. Egli coadiuvava ufficialmente il generale francese Foulon, nominato Ispettore Generale della Gendarmeria ottomana: in realtà fu soprattutto impiegato con compiti informativi a Smirne, sua residenza ufficiosa. Carossini creò un'efficiente rete, istruendo molto bene i suoi collaboratori: sono numerosi e interessanti i rapporti sulla situazione locale, sulle possibilità logistiche e di trasporto nella zona d'occupazione italiana. Particolarmente dettagliato è il rapporto sul viaggio di un carabiniere aggiunto indigeno scelto e di un carabiniere aggiunto italiano da Marmaritza ad Adin e viceversa, compiuto a dorso di mulo nell'aprile del 1919: strade, ferrovie, ponti, distruzioni dovute ad eventi bellici, accoglienza agli italiani, stato della gendarmeria, tutto viene notato e riferito per formarsi un'idea quanto più possibile reale della situazione locale e dell'accoglienza che le popolazioni indigene avrebbero riservato all'Italia.