Fu designato come nuovo Capo Missione Guido Gandini, coadiuvato dai maggiori Erminio Mazza e Marco Falta, dai capitani Pietro Rubino, Ferdinando Viale, Gualtiero Ferrari, Casimiro Delfini e Antonio Battiti. Fu successivamente nominato anche il capitano Emilio Bassignano. Il nuovo contratto fu firmato il 5 ottobre del 1917 e dal giorno successivo gli ufficiali già presenti sul territorio passarono al servizio del Governo greco, continuando a vestire l'uniforme italiana: Atene aveva lasciato cadere la pretesa che gli italiani vestissero la divisa della Gendarmeria greca. Nel 1918, come già era accaduto precedentemente, il Governo greco chiedeva a Roma anche l'invio di un ufficiale d'Intendenza. A questa funzione fu designato il capitano Ercole Savoia. Sempre in quell'anno il capitano Rubino chiese di rientrare in patria per motivi di famiglia. Venne sostituito dal maggiore Crispino Agostinucci, allora addetto al Comando Generale dell'Arma a Roma.
Nonostante le favorevoli premesse, l'opera della Missione ebbe ancora serie difficoltà con il Governo ellenico, soprattutto per l'organizzazione dei servizi di ordine pubblico nelle maggiori città: infatti quel Governo aveva chiamato ad organizzare i servizi di polizia urbana una Missione inglese, e le due rappresentanze militari, quella italiana e quella britannica, erano logicamente entrate in rotta di collisione per le rispettive attribuzioni, che non erano state ben chiarite dal richiedente. Da notare comunque che gli inglesi non avevano alcuna funzione di comando diretto ed erano presenti in veste di consiglieri militari e propositivi, non certo operativi sul territorio. Spettava però al Governo greco chiarire meglio cosa intendesse e quali servizi attribuisse alla Polizia urbana e quali alla Gendarmeria.
Anche il protrarsi del conflitto mondiale non favoriva un sereno svolgimento dei compiti attribuiti ai militari dei diversi Paesi, con continui sospetti che gli ufficiali stranieri al servizio del Governo greco agissero in realtà come informatori politici dei propri governi. Questi sospetti sfiorarono logicamente tutte le Missioni e furono ampiamente ripresi dalla stampa ellenica nazionalista. Vi furono inoltre incomprensioni con il nuovo Addetto Militare all'Ambasciata italiana ad Atene, colonnello Mario Caracciolo, il quale riteneva che la Missione italiana fosse sottoposta alla sua autorità, anche se gli ufficiali erano al servizio del Governo greco. Non era facile stabilire i limiti della dipendenza gerarchica, soprattutto in periodo di guerra. Il Ministero della Guerra e il Comando Generale dell'Arma, investiti della questione dal Gandini, ritennero giusto che a questo proposito ogni decisione fosse lasciata al Ministero degli Affari Esteri e al barone Camillo Furio Romano-Avezzana, che nel frattempo aveva sostituito il de Bosdari alla guida dell'Ambasciata d'Italia ad Atene.
Romano-Avezzana, allo scopo di proteggere la Missione italiana e il suo funzionamento, definì per l'Addetto Militare Caracciolo e il Capo Missione Gandini i limiti delle rispettive competenze, chiarendone le sfere di azione, con decisione e fermezza. In nessun modo la Missione italiana sarebbe dipesa, anche per motivi di opportunità politica, dall'Ufficio dell'Addetto Militare. Il Caracciolo aveva anche tentato di far sostituire Gandini con Carossini, ma né lo Stato Maggiore dell'Esercito né il Comando Generale prestarono attenzione ai suoi rapporti.
Furono costituiti dalla nostra Missione, sulla base del sistema italiano, sei Comandi di Legione, e alcuni membri della Missione furono distaccati in capoluoghi regionali di maggiore importanza, quali Comandanti. Gli ufficiali assegnati alla Legione di Atene disimpegnavano prevalentemente le funzioni di ispettori e consulenti, istradando i nuovi Comandi sul sistema amministrativo e disciplinare italiano.
Nel maggio del 1918 iniziò a funzionare una Scuola Allievi gendarmi e sottufficiali ad Atene, nella sede di un vecchio seminario, adattato convenientemente, che diede non poche soddisfazioni alla Missione italiana. Di risultati se ne iniziavano a vedere: andando a fare una visita alla Scuola Allievi gendarmi di Atene, Venizelos così si espresse al giornalista italiano Ernesto Vassallo, che era presente come inviato speciale del Corriere della Sera:

«Come italiano dovete essere veramente orgoglioso per l'eccellente corpo dei vostri carabinieri. Per questo sono felice nel vedere affidata oggi a questi la riorganizzazione della Gendarmeria ellenica. Sono certo che grazie alla cooperazione ed al zelo di tutti, anche noi otterremo la completa organizzazione della nostra Gendarmeria».

I risultati erano aumentati, ma anche il capitolo di spesa relativo, a carico del bilancio del Ministero degli Interni ellenico, era considerevolmente lievitato, sia per l'impianto delle Scuole che dei nuovi Comandi di Legione e di Divisione. Secondo quanto si ricava dai documenti d'Archivio, il bilancio per il Corpo di Gendarmeria presso il Ministero degli Interni aveva avuto i seguenti incrementi: anno 1916: dracme 15.651.380; anno 1917: dracme 20.543.950; anno 1918: dracme 24.421.140; anno 1919: dracme 44.075.262.
L'aumento esponenziale delle spese era dovuto alla nuova organizzazione della catena di comando e dei reparti amministrativi; all'acquisto ed affitto delle nuove caserme e dei locali che meglio si prestavano per le esigenze di servizio; alle nuove spese di ufficio; alle indennità speciali concesse a gendarmi e sottufficiali allontanati dalle foresterie perché ammogliati o inadatti al servizio; all'acquisto di nuovi stampati e registri, prescritti per la tenuta della contabilità.
Nel 1919 si pensò ad un avvicendamento del tenente colonnello Gandini, ormai da troppi anni fuori dalla patria: suo sostituto venne designato il tenente colonnello Dal Pozzo, Comandante della Divisione interna di Torino, ma il Prefetto di Torino, Paolino Taddei, pregò il Comando Generale di soprassedere, considerata l'ottima prova che stava dando di sé quell'ufficiale in una piazza difficile come Torino. Il Ministro della Guerra aderì alla richiesta, anche perché, a partire dal mese di maggio, si ventilava che la Missione si sarebbe presto conclusa, in considerazione del fatto che la guerra era finita e si stavano stabilendo nuovi assetti. Nel luglio dello stesso anno, però, la Missione era ancora pienamente operativa sul territorio e il Gandini veniva mantenuto al suo posto, senza avvicendamento.
Le trattative per il primo rinnovo del contratto triennale alla Missione furono avviate nel marzo del 1920, limitando peraltro, secondo il desiderio del Governo greco, i membri della stessa a cinque: Gandini, Falta, Mazza, Savoia e Delfini. Nel mese di settembre la Missione italiana fu riconfermata per un ulteriore triennio - sarebbe stato l'ultimo di permanenza in Grecia, fino al settembre 1923 -, con sei ufficiali, i cinque sopra nominati più Ferdinando Viale. Rimpatriarono Battiti e Bassignano, in quanto erano quelli con minore anzianità di servizio in Grecia. La loro opera fu comunque tenuta in profonda considerazione nelle dichiarazioni ufficiali che accompagnarono le trattative e la firma del contratto definitivo: lo stesso Ministero degli Interni greco si espresse in modo assai positivo nei confronti dei due ufficiali ai quali non era stato rinnovato l'ingaggio.
Nel febbraio del 1920 il Regio Ambasciatore Giulio Cesare Montagna si era recato, su invito del Governo greco, accompagnato dallo stesso Gandini, a visitare la Scuola per gendarmi di Atene. Il 16 febbraio scriveva al Ministro degli Affari Esteri, tra l'altro, le seguenti parole:
«Dirò in breve che la visita mi offrì l'occasione di constatare personalmente non solo perché è tanto apprezzata dal Governo ellenico e dai greci l'opera della nostra Missione militare, ma anche come quel gruppo di nostri distinti ufficiali e principalmente il loro capo tenente Colonnello Gandini, rendono col loro lavoro e col loro contegno segnalati servizi al nostro paese, di cui tengono, in particolare, in quell'ambiente, alto il prestigio e collaborano con efficacia al successo delle nostre direttive politiche nei riguardi della Grecia (...). La Scuola è impiantata in tutti i suoi particolari e funziona sul modello della scuola Allievi dei reali carabinieri. L'istruzione tanto morale che militare è impartita a norme di regolamenti e disposizioni compilati su quelli vigenti in Italia. Se non che ciò che mi ha ancora più favorevolmente impressionato nel corso della visita gli è il fatto che quell'istituto rappresenti per opera dei nostri ufficiali, considerevole fattore di propaganda e di influenza m orale e politica e a vantaggio dell'Italia in Grecia (...). È bene notare che mentre la Scuola è il centro irradiatore della perizia tecnica, dell'azione di propaganda e d'influenza morale e politica italiane, l'opera della Missione militare continua in un campo assai più vasto di quanto presiedendo alla formazione di organizzazione delle sei legioni in cui è inquadrata la gendarmeria ellenica, si estende a tutta la Grecia».

Il Ministro degli Interni greco, ad una lettera dell'Ambasciatore Montagna con i complimenti fatti alla Gendarmeria greca, così rispondeva il 29 febbraio 1920:
«Grace au concours précieux de la Mission Italienne je n'ai aucun doute que nous parviendrons à former un corps de Gendarmerie tendant à égaler votre illustre corps des Carabiniers». (Grazie al concorso prezioso della Missione Italiana non ho alcun dubbio che arriveremo a formare un corpo di Gendarmeria che aspira ad eguagliare il vostro illustre corpo dei Carabinieri.)

Nel nuovo contratto fu chiarito che i Carabinieri italiani sarebbero stati incaricati in modo esclusivo dell'organizzazione del Corpo di Gendarmeria interamente separato dal Corpo di Polizia, così come era stato stabilito dalle leggi in vigore in Grecia. Le trattative, a detta dello stesso Ambasciatore italiano, furono lunghe e laboriose, anche per la decisione del Governo greco di ridurre i membri della Missione, soprattutto per contrarre l'impegno finanziario profuso nella questione. Non si parlava più del rimpatrio del Gandini. Anzi, di lui così scriveva Montagna, perorandone l'avanzamento al grado di colonnello nell'Arma:

«È altamente apprezzato e stimato dal Governo ellenico per la sua opera d'istruttore e organizzatore. Devesi al suo tatto, alla sua perizia e alla sua natura franca, dignitosa e duttile se gode le simpatie indistintamente nei circoli dei due partiti che oggi dividono la Grecia (...). Egli e la Missione contribuirono efficacemente, attraverso l'opera attiva ed intelligente che svolgono in seno al Corpo della gendarmeria ellenica (forte di quasi 20.000 uomini) ad inspirare nella pubblica opinione greca il concetto della grandezza civile e della potenza militare italiane e a consolidare le amichevoli relazioni stabilitesi fra i due governi. Il Cav. Gandini col godere della massima fiducia nei circoli dirigenti ellenici è in grado di rendere e rende nel fatto segnalati servigi alla Regia Legazione nello svolgimento della sua azione politica e diplomatica».

La promozione di Gandini, oltre che per meriti, era necessaria affinché il Governo greco potesse dargli il grado superiore di generale, che avrebbe portato il Capo della Missione italiana allo stesso livello di quella francese e inglese.
Il 4 marzo 1923 il Gandini, ormai promosso colonnello nei ranghi dell'Arma, ancora a Capo della Missione Militare Italiana in Grecia per la Riorganizzazione della Gendarmeria Ellenica - questa era la dizione ufficiale - comunicava al Comando Generale dell'Arma a Roma che, allo scadere del contratto, il Governo ellenico non avrebbe proceduto al suo rinnovo. In effetti il Ministro degli Interni Yorgo Papandreou aveva scritto al colonnello Gandini, il quale nel frattempo aveva ricevuto dal Governo greco la nomina a generale, che per «delle ragioni imperiose di economia» non si sarebbe proceduto al rinnovo del contratto né alla Missione militare italiana, né a quelle francese e britannica. Papandreou elogiava il lavoro svolto fino ad allora dagli italiani, il loro zelo e il loro costante impegno profuso per la riorganizzazione della Gendarmeria.
Nel febbraio del 1920 il Regio Ambasciatore Giulio Cesare Montagna si era recato, su invito del Governo greco, accompagnato dallo stesso Gandini, a visitare la Scuola per gendarmi di Atene. Il 16 febbraio scriveva al Ministro degli Affari Esteri, tra l'altro, le seguenti parole:

Nel febbraio del 1920 il Regio Ambasciatore Giulio Cesare Montagna si era recato, su invito del Governo greco, accompagnato dallo stesso Gandini, a visitare la Scuola per gendarmi di Atene. Il 16 febbraio scriveva al Ministro degli Affari Esteri, tra l'altro, le seguenti parole:

«Dirò in breve che la visita mi offrì l'occasione di constatare personalmente non solo perché è tanto apprezzata dal Governo ellenico e dai greci l'opera della nostra Missione militare, ma anche come quel gruppo di nostri distinti ufficiali e principalmente il loro capo tenente Colonnello Gandini, rendono col loro lavoro e col loro contegno segnalati servizi al nostro paese, di cui tengono, in particolare, in quell'ambiente, alto il prestigio e collaborano con efficacia al successo delle nostre direttive politiche nei riguardi della Grecia (...). La Scuola è impiantata in tutti i suoi particolari e funziona sul modello della scuola Allievi dei reali carabinieri. L'istruzione tanto morale che militare è impartita a norme di regolamenti e disposizioni compilati su quelli vigenti in Italia. Se non che ciò che mi ha ancora più favorevolmente impressionato nel corso della visita gli è il fatto che quell'istituto rappresenti per opera dei nostri ufficiali, considerevole fattore di propaganda e di influenza moral e e politica e a vantaggio dell'Italia in Grecia (...). È bene notare che mentre la Scuola è il centro irradiatore della perizia tecnica, dell'azione di propaganda e d'influenza morale e politica italiane, l'opera della Missione militare continua in un campo assai più vasto di quanto presiedendo alla formazione di organizzazione delle sei legioni in cui è inquadrata la gendarmeria ellenica, si estende a tutta la Grecia».
Il Ministro degli Interni greco, ad una lettera dell'Ambasciatore Montagna con i complimenti fatti alla Gendarmeria greca, così rispondeva il 29 febbraio 1920:
«Grace au concours précieux de la Mission Italienne je n'ai aucun doute que nous parviendrons à former un corps de Gendarmerie tendant à égaler votre illustre corps des Carabiniers». (4)

Nel nuovo contratto fu chiarito che i Carabinieri italiani sarebbero stati incaricati in modo esclusivo dell'organizzazione del Corpo di Gendarmeria interamente separato dal Corpo di Polizia, così come era stato stabilito dalle leggi in vigore in Grecia. Le trattative, a detta dello stesso Ambasciatore italiano, furono lunghe e laboriose, anche per la decisione del Governo greco di ridurre i membri della Missione, soprattutto per contrarre l'impegno finanziario profuso nella questione. Non si parlava più del rimpatrio del Gandini. Anzi, di lui così scriveva Montagna, perorandone l'avanzamento al grado di colonnello nell'Arma:

«È altamente apprezzato e stimato dal Governo ellenico per la sua opera d'istruttore e organizzatore. Devesi al suo tatto, alla sua perizia e alla sua natura franca, dignitosa e duttile se gode le simpatie indistintamente nei circoli dei due partiti che oggi dividono la Grecia (...). Egli e la Missione contribuirono efficacemente, attraverso l'opera attiva ed intelligente che svolgono in seno al Corpo della gendarmeria ellenica (forte di quasi 20.000 uomini) ad inspirare nella pubblica opinione greca il concetto della grandezza civile e della potenza militare italiane e a consolidare le amichevoli relazioni stabilitesi fra i due governi. Il Cav. Gandini col godere della massima fiducia nei circoli dirigenti ellenici è in grado di rendere e rende nel fatto segnalati servigi alla Regia Legazione nello svolgimento della sua azione politica e diplomatica».

La promozione di Gandini, oltre che per meriti, era necessaria affinché il Governo greco potesse dargli il grado superiore di generale, che avrebbe portato il Capo della Missione italiana allo stesso livello di quella francese e inglese.
Il 4 marzo 1923 il Gandini, ormai promosso colonnello nei ranghi dell'Arma, ancora a Capo della Missione Militare Italiana in Grecia per la Riorganizzazione della Gendarmeria Ellenica - questa era la dizione ufficiale - comunicava al Comando Generale dell'Arma a Roma che, allo scadere del contratto, il Governo ellenico non avrebbe proceduto al suo rinnovo. In effetti il Ministro degli Interni Yorgo Papandreou aveva scritto al colonnello Gandini, il quale nel frattempo aveva ricevuto dal Governo greco la nomina a generale, che per «delle ragioni imperiose di economia» non si sarebbe proceduto al rinnovo del contratto né alla Missione militare italiana, né a quelle francese e britannica. Papandreou elogiava il lavoro svolto fino ad allora dagli italiani, il loro zelo e il loro costante impegno profuso per la riorganizzazione della Gendarmeria.
Il Ministero degli Affari Esteri prese atto della decisione del Governo ellenico di denunciare gli accordi relativi alle Missioni estere. Giuridicamente non si potevano certo sollevare obiezioni contro tale richiesta, però politicamente il Ministero riteneva di dover ritirare la Missione contestualmente al ritiro di quelle francese e inglese. In tal senso si espresse con una lettera inviata al Ministero della Guerra, firmata dallo stesso Capo del Governo e Ministro degli Affari Esteri, Mussolini. In particolare, la missione francese terminava a dicembre, mentre quella inglese nell'ottobre, poco dopo quella italiana. La cessazione del nostro servizio avrebbe dovuto concretarsi contemporaneamente alla cessazione delle altre Missioni militari. Per questa ragione, per quanto avesse virtualmente terminato il suo compito nel settembre del 1923, per fine contratto, si prevedeva che la nostra Missione sarebbe rimasta in Grecia fino a data da definirsi dalle autorità greche, conformemente al termine delle altre. Gandini ricevette istruzioni dal Comando Generale «di uniformarsi alle direttive del Regio Ministro in Atene e di sottoporre alla sua preventiva approvazione ogni atto che avesse relazione per la continuazione o la cessazione del servizio della Missione medesima».
Il 12 maggio, contrariamente ad ogni previsione, fu comunque decisa unilateralmente la fine della missione, concedendo agli ufficiali le ordinarie licenze prima del rimpatrio definitivo. A conclusione di queste, essi si sarebbero dovuti presentare al Comando Generale per ricevere le istruzioni relative alla loro destinazione. Per la fine di maggio, ad eccezione di Mazza, che fruiva di una parte della sua licenza a Patrasso, gli ufficiali erano tutti rientrati nel territorio metropolitano e il loro ingaggio al servizio del Governo greco era definitivamente terminato.
In realtà la decisione unilaterale si spiega ricordando che le relazioni italo-greche non erano più così buone come nel passato. Da parte italiana vi era stato un riavvicinamento verso i turchi, durante la Conferenza di Losanna: del resto l'Italia aveva forti interessi economici e commerciali con la Turchia. Non vi era sentore che il Dodecaneso, abitato da greci, sarebbe stato restituito alla Grecia, anche perché l'Inghilterra non aveva lasciato Cipro, condizione prevista il 29 luglio del 1919 da un accordo Tittoni-Venizelos sull'atteggiamento che le due potenze avrebbero dovuto tenere alla Conferenza della Pace a Parigi.
L'incidente italo-greco del 27 agosto 1923 distrusse i rapporti fra Atene e Roma: l'uccisione in territorio greco, nei pressi di Yanina, della Missione militare italiana (quattro persone) comandata dal generale Enrico Tellini, incaricata dalla Conferenza degli Ambasciatori di fissare il confine greco-albanese, provocò da parte italiana una giusta richiesta di riparazioni. Mussolini inviò un duro ultimatum al Governo di Atene, che fu accolto solo in parte. Il 31 di agosto l'Italia occupava militarmente l'isola di Corfù, rifiutandosi di deferire la questione alla Società delle Nazioni. Vi fu comunque una mediazione e la questione venne devoluta alla Conferenza degli Ambasciatori: la Grecia fece le sue scuse e pagò una forte indennità al Governo italiano; le Forze italiane lasciarono Corfù il 27 settembre.
In realtà già da tempo la politica estera italiana aveva assunto atteggiamenti antigreci, anche a causa del problema riguardante la questione dell'Albania meridionale, che la Grecia avrebbe voluto annettersi. I rapporti sarebbero divenuti cordiali fra i due Stati solo dopo la seconda guerra mondiale.