Il Capitano Giovanni Battista Carossini, prescelto dal D'Ausilio per il secondo biennio della missione in Grecia.Nel gennaio del 1913 D'Aulisio inviava a Roma una corposa relazione sulla storia e sulla situazione della Gendarmeria greca (casermaggio, armamento, quadrupedi eccetera), e sugli usi e costumi sociali del Corpo. Allegata vi era anche una relazione sulle proposte da lui avanzate al Governo greco. Anche in un successivo rapporto, del 28 aprile dello stesso anno, aveva chiarito il lavoro fatto e il perché della mancanza di risultati tangibili. Dichiarava che, dai tempi della guerra balcanica, «l'atteggiamento e l'azione, politicamente assenti, del Governo italiano verso la Grecia ha (...) originata una corrente sfavorevole agli italiani; e, conseguentemente, anche alla missione dei CC.RR.». D'Aulisio aveva saputo di alcune critiche mosse alla lentezza del suo operato e cercava di far comprendere che questo problema non era dipeso dalla Missione, ma dalle situazioni contingenti.
Qualche problema interno iniziava a farsi sentire: D'Aulisio chiedeva di avere l'esclusiva responsabilità del servizio di polizia, specialmente nelle zone più pericolose come quella di Salonicco, dove era stato ucciso re Giorgio e dove aveva avuto il comando delle Forze di Polizia un colonnello d'Artiglieria, che, a suo parere, non aveva alcuna esperienza di servizi di ordine pubblico. Ma era molto difficile cedere totalmente la responsabilità dell'ordine pubblico ad una Missione che aveva chiare caratteristiche di cooperazione tecnica e non di assunzione di responsabilità operative.
Nonostante le difficoltà incontrate e nonostante quel che riteneva D'Aulisio sulle non buone relazioni fra i due Stati, tanto la loro opera veniva apprezzata che il Presidente del Consiglio Venizelos, alla fine del 1913, avanzò al Governo italiano la richiesta di inviare una decina di sottufficiali dei Carabinieri da adibirsi ad istruttori della Scuola di Gendarmeria, che nel frattempo era stata riorganizzata sulla base dei progetti italiani. La richiesta fu estremamente puntuale, perché in particolare furono richiesti elementi che avevano già servito a Creta, nel periodo in cui l'allora principe Giorgio era stato Alto Commissario dell'Isola.
Il 15 febbraio 1914 scadeva il primo biennio di ingaggio degli ufficiali italiani in Grecia: nell'ottobre precedente, con largo anticipo sulla scadenza, il Governo greco fece sapere ufficiosamente che avrebbe prorogato volentieri il contratto, e anzi chiedeva che fosse accresciuto il numero dei componenti la Missione. Il Ministro degli Affari Esteri Antonino Di Sangiuliano, scriveva al Regio Ministero della Guerra il 18 ottobre, caldeggiando la richiesta greca di continuare la Missione italiana:

«Con tale domanda il Signor Venizelos dà prova di apprezzare altamente i servizi che i nostri Ufficiali hanno già reso e saranno per rendere in avvenire; ma anche e sopra tutto di ravvisare nel mantenimento della Missione uno strumento politico assai efficace per conservare, in momenti difficili, i buoni rapporti con l'Italia - cosa questa alla quale egli ha ripetuto con insistenza al Conte Bosdari (Alessandro de Bosdari, Regio Ambasciatore ad Atene al posto del Carlotti, n.d.A.) di tenere immensamente».

Il Ministero della Guerra e il Comando Generale dell'Arma aderirono prontamente alla richiesta.
La nuova contrattazione non fu facile, però, principalmente dal punto di vista finanziario, poiché D'Aulisio chiedeva la parificazione con quanto ottenuto dalla Missione francese e da quella britannica, non tanto per gli aspetti remunerativi, quanto per il prestigio e l'autorità della Missione e l'immagine dell'Italia. Alcuni degli ufficiali rimpatriarono a fine contratto: Rodda e Lauro furono restituiti ai ruoli di provenienza e De Mandato fu collocato di nuovo in congedo. Ne aveva chiesto il rimpatrio in una lettera riservata proprio il D'Aulisio nell'ottobre del 1913: la collaborazione non era stata positiva; i caratteri di quegli uomini, tutti nel loro lavoro ottimi ufficiali, non erano compatibili. Dalla corrispondenza nell'ArchivioStorico dell'Arma, di pugno del D'Aulisio, si può notare che egli era un ottimo soldato, ma molto accentratore.

Trascrizione di un articolo del Cronos,giornale Greco apertamente contrario alla missione italiana.Il rinnovo del contratto fu un problema che turbò molto il Capo della Missione, indubbiamente nel superiore interesse della stessa e dell'immagine dell'Italia: nelle sue lettere e rapporti al riguardo non dava l'impressione di essere molto sereno e lottava per alcuni cambiamenti nel contratto con grande impeto, dolendosi non poco della rituale lentezza del Governo locale. Allo stesso tempo al Comando Generale inviava un elenco di ufficiali, con il grado di capitano, che avrebbe gradito avere al suo servizio.
I nuovi membri prescelti della Missione furono i capitani Giovanni Battista Carossini, dalla Legione di Firenze, e Giacomo Giovenale, dalla Legione di Bologna, assegnato alla Scuola di Gendarmeria di Atene; il maggiore Guido Gandini, dalla Legione di Verona, che fu destinato a Creta quale Comandante Superiore della Gendarmeria dell'isola (rinnovando le precedenti tradizioni) su richiesta specifica di Venizelos, e il tenente Costantino Mondelli, dal Comando Generale, che venne addetto al Comando Generale della Gendarmeria ellenica. Furono anche inviati il maresciallo d'alloggio Domenico Patassini, dalla Legione di Firenze, e il maresciallo maggiore Stefano Baraldo, dalla Legione di Verona, che sarebbe deceduto nell'agosto del 1915 in servizio in Grecia. Carossini venne mandato a Salonicco, insieme al Patassini, per la direzione e il funzionamento della Scuola di Gendarmeria.
Nell'agosto del 1915, dopo lo scoppio del primo conflitto mondiale, la posizione degli ufficiali dei Carabinieri in Grecia attraversò un periodo difficile, a causa dell'eccezionale momento politico, ma essi continuarono ad operare con piena soddisfazione delle autorità elleniche. Nonostante gli eventi bellici, nel mese di settembre si iniziò a preparare il terzo rinnovo del contratto di ingaggio, che sarebbe scaduto il 14 febbraio del 1916: Venizelos ne parlò all'Ambasciatore italiano de Bosdari, in modo positivo. Anche questa volta la negoziazione per il rinnovo incontrò qualche seria difficoltà, dovuta peraltro al tentativo di migliorare sia le condizioni economiche che quelle organizzative della Missione.
A Roma, al Ministero della Guerra, intanto, per mantenere alcuni equilibri interni alla Missione, avendo preso atto del carattere difficile del Capo Missione, si stava pensando di sostituire il colonnello D'Aulisio, richiamandolo in patria e conferendogli un alto incarico. De Bosdari fu molto chiaro nei suoi rapporti con le autorità italiane: ancora una volta si era consumato un dissidio tra il Capo Missione e i nuovi membri della Missione stessa. Il fatto iniziava a divenire imbarazzante, perché lo stesso Venizelos ne aveva fatto cenno all'Ambasciatore italiano. Si decise così, anche su indicazione del de Bosdari, di dare il comando interinale della Missione al Gandini che aveva dato un'ottima prova di sé.
Infatti il Governatore Generale di Creta, Lucas Ruffos, aveva fatto pubblicare sulla locale Gazzetta Ufficiale del 13/26 settembre 1914, una nota di encomio che aveva inviato al tenente colonnello della Missione italiana, Gandini, e al capitano della Gendarmeria cretese, Minosse Milonojannis, al suo ritorno da una visita alla Scuola di Gendarmeria, e parimenti la inviò al Ministro degli Interni:

«La cosa che particolarmente mi piacque e mi entusiasmò è che la prestanza dell'aspetto e persino dello sguardo, la bella presenza, attestante la ferrea disciplina - che credevo finora essere un privilegio del popolo cretese a cagione delle sue qualità fisiche - cominciarono ad acquistare anche gli alunni di altre località dell'Ellade che frequentano ora la Scuola (...). Sono rimasto stupefatto per esempio dal mutamento in ogni cosa (...). In conseguenza La prego, Signor Ministro, di voler basarsi con fiducia a queste assicurazioni, dovute a personale mia constatazione, e di voler esprimere il di Lei compiacimento al tenente colonnello della Missione Italiana, Comandante della Gendarmeria in Creta, e al capitano Minosse Milonojannis, direttore della scuola di Gendarmeria».

Il 10 gennaio 1915 Venizelos aveva risposto alla richiesta del Governatore di Creta in questi termini:

«Avendo esaminato la Sua lettera, comunicatami da S.E. il Ministro degli Interni, con somma soddisfazione ho rilevato che codesta Scuola allievi gendarmi, per l'ottimo comando del tenente Colonnello della Missione italiana, Signor Gandini, e per la cura diligente del comandante in seconda, capitano Minosse Milonojannis, funziona senza alcun ostacolo, e raggiunge con ottimi risultati, lo scopo per cui fu istituita.
Lo zelo incomparabile e la cura efficace che detti ufficiali pongono per istruire gli allievi e renderli perfettamente conoscitori dell'alta missione cui sono destinati, mi procurano la gradita occasione, date le fatiche incessanti, sostenute dai medesimi ufficiali, per corrispondere alle speranze dello stato greco, di esprimere loro il mio sommo compiacimento.
Questo mio desiderio La prego, signor Governatore, di compiacersi comunicare a detti ufficiali.
Il Ministro Venizelos. Atene 10 gennaio 1915».



Il Generale Crispino Agostinucci, che nel 1918, con il grado di Maggiore, sostituirà nella missione il Capitano Pietro Rubino. [d] Questa ed altre ragioni indussero Roma a non spingere per rinnovare la terza volta il contratto e a ritirare, almeno in via temporanea, gli ufficiali. La campagna stampa contro gli stranieri in genere e contro la Missione era forte, e da parte militare vi era il desiderio di azzerare quella cooperazione, che dava molti problemi e non riusciva a conseguire gli effetti sperati, almeno sul piano dell'immagine. Ancora il 16 gennaio 1916 l'Ambasciatore de Bosdari aveva ricevuto dal Governo italiano l'autorizzazione a trattare il rinnovo del contratto, in quanto Roma continuava a ritenere utile la presenza della Missione italiana ad Atene, dove poteva costituire un ottimo mezzo d'informazione e, malgrado gli attacchi della stampa, svolgere un lavoro che rispondeva «agli interessi della Patria». Ma il 9 febbraio successivo arrivava l'istruzione tassativa del Ministero degli Affari Esteri al Regio Ministro in Atene, secondo la quale non si doveva dar corso al rinnovo del contratto della Missione italiana per la riorganizzazione della Gendarmeria ellenica. Il 14 febbraio finì la missione: i membri della stessa si imbarcarono a Patrasso per l'Italia il 24 successivo su un cacciatorpediniere italiano.
In realtà, volendo, il contratto avrebbe potuto essere rinnovato, perché, nel secondo biennio di permanenza in Grecia della Missione italiana, durante il Governo Venizelos, sebbene non fosse stata convertita in legge buona parte dei provvedimenti richiesti dai carabinieri, erano state però aperte due Scuole per gendarmi, dopo aver ampliato e rafforzato quella storica della Gendarmeria cretese della Canea, fondata anni prima dagli italiani. Le nuove Scuole erano state istituite a Atene e a Salonicco. Non appena erano riuscite a formare un certo numero di gendarmi e di sottufficiali, il servizio aveva iniziato a funzionare in modo soddisfacente, sia nella capitale che in altri centri maggiori.
Gli ufficiali italiani, con l'intento di alleviare in parte le difficoltà finanziarie governative per il funzionamento degli istituti di istruzione, si erano attivati per ottenere delle gratuità, che potremmo definire sponsorizzazioni ante litteram, cercando cioè privati fornitori che provvedessero alla vestizione degli allievi e anche in parte cospicua al loro vitto. La Missione aveva continuato a studiare tutti i miglioramenti possibili e a proporre al Governo, per organizzare soprattutto le rafferme, progetti intesi a migliorare le condizioni economiche della truppa e a procurare un numeroso arruolamento di elementi maggiormente idonei, così come venne regolato con nuove e più razionali disposizioni l'avanzamento dei militari di truppa e dei quadri superiori.
Fu compilato un dettagliato progetto per l'istituzione di una Scuola Allievi Ufficiali di Gendarmeria. Venne curata approfonditamente anche la parte amministrativa, proponendo uno schema di regolamento sul carteggio e sulla tenuta degli uffici del Corpo di Gendarmeria, per riorganizzare anche questo importante ramo del servizio.
Però, durante i cinque mesi del Governo Gunaris, la stampa ellenica aveva ripreso a criticare violentemente la Missione italiana: erano critiche di natura politica, soprattutto dirette contro Venizelos. Nonostante ogni sforzo propagandistico della stampa, Gunaris aveva perduto le elezioni del giugno 1915. In quell'occasione, D'Aulisio aveva prospettato a Venizelos, in vista del suo nuovo avvento al potere, la delicata situazione in cui si era venuta a trovare la Missione nel periodo precedente, adombrando la possibilità di domandare al Governo italiano di ritirare i Carabinieri Reali. Venizelos aveva pregato D'Aulisio di soprassedere, ritenendo ancora molto importante e necessaria la loro presenza in Grecia.
Tornato al Governo, Venizelos aveva cercato di dare ampia soddisfazione morale alla Missione italiana, precedentemente assai criticata. Rimaneva comunque la grande difficoltà finanziaria che faceva ritenere al D'Aulisio che gli italiani non avessero molte possibilità di successo. Nel suo lungo rapporto al de Bosdari, l'ufficiale aveva lasciato intendere che forse sarebbe stato meglio richiamarli, a meno che la presenza degli ufficiali italiani non rispondesse ad un ben preciso interesse politico del Regio Governo che giudicava comunque «utile» la loro presenza ad Atene.
Infatti il Regio Ministero della Guerra, «pur riconoscendo tutta la delicatezza della posizione degli ufficiali ad Atene», riteneva che, in quel particolare momento politico (1916), fosse di «speciale importanza» che il comando della Gendarmeria ellenica rimanesse affidato ad ufficiali italiani; era necessario che continuassero «con abnegazione» ad esercitare le loro mansioni «nella fiducia» che quel Ministero avrebbe saputo «apprezzare nella giusta misura tutti i sacrifizi d'indole morale» che essi avrebbero affrontato «nell'interesse del paese colla loro permanenza in ambiente manifestamente ostile».
Carossini e Patassini, nonostante questa sollecitazione autorevole, chiesero di rientrare in patria. Tutta la situazione era abbastanza compromessa per voler continuare la collaborazione con il Governo greco, che peraltro mostrò di dispiacersi profondamente del ritiro della Missione. Il 14 febbraio del 1916 Carossini avrebbe fatto ritorno in patria. A Salonicco, con le parole del Regio Console in quella città, «rese segnalati servigi», per quanto concerneva «le informazioni militari» al Consolato, al Comandante della Regia Nave Piemonte. Una raccolta di informazioni militari ben organizzata, discreta e intelligente. La situazione politica nel Mediterraneo si evolveva e la guerra procedeva. In realtà in un primo momento il Regio Governo aveva dato mandato a de Bosdari, come sopra ricordato, di iniziare le trattative per il rinnovo del contratto, ma in seguito ritenne che non ci fossero più quelle ragioni di opportunità politica che avevano consigliato la permanenza della Missione. Durante le trattative si considerò anche la possibilità che gli ufficiali della Missione, restituita al suo numero originario, rimanessero in Grecia con la semplice funzione di consiglieri militari, togliendo loro quindi il comando della Gendarmeria e qualsiasi diretta responsabilità operativa, amministrativa e disciplinare. Ma anche questa possibilità venne scartata, e quindi, allo scadere del contratto, fu deciso che tutti gli ufficiali sarebbero stati rimpatriati. La stampa italiana, nel riportare la notizia, accusò del mancato rinnovo del contratto la stampa ellenica, ritenuta filo-tedesca, e che, per motivi politici, aveva cercato di distruggere il lavoro fatto dalla Missione nei quattro anni di permanenza in Grecia. Approvò a gran voce la decisione del Governo di ritirare i nostri militari, per un senso di dignità.
Al momento della rottura delle trattative, unilaterale da parte italiana, il de Bosdari informò il Ministero degli Affari Esteri che il Capo del Governo greco, in quel momento Scoulidis, si era mostrato dolente per il provvedimento italiano e aveva deciso di esternare ai nostri ufficiali la riconoscenza e la benevolenza del Governo greco, concedendo loro delle onorificenze cavalleresche: lo stesso re Costantino lo confermò al D'Aulisio, quando costui, in qualità di Capo Missione, si presentò per l'udienza di congedo. Infatti il D'Aulisio, che già aveva ricevuto la Commenda del Salvatore, fu insignito della Gran Croce dello stesso ordine cavalleresco; al maggiore Gandini e ai capitani Carossini, Mondelli e Giovenale fu conferita la Croce di Cavaliere Ufficiale di quell'ordine. Anche da parte italiana vi furono attestazioni: il Comando Supremo del Regio Esercito fece pervenire una lettera di encomio, fortemente motivato, al Comando Generale dell'Arma per l'opera svolta dagli ufficiali in Grecia: i componenti la Missione avevano contribuito alla sorveglianza delle persone sospette, alla segnalazione delle basi di rifornimento dei sottomarini nemici, alla scoperta dei carichi di contrabbando e, in genere, al servizio di controspionaggio, fornendo frequenti interessanti notizie circa i movimenti delle truppe greche.
Però la collaborazione con il Governo ellenico non era affatto terminata, nonostante il periodo, che vide alcuni degli ufficiali dei Carabinieri già impegnati nella riorganizzazione della Gendarmeria ellenica occuparsi della Missione Alleata di Controllo predisposta da Gran Bretagna, Francia, Italia e Russia per il concentramento forzato delle truppe greche e del loro armamento nel Peloponneso. Questo periodo di permanenza di alcuni degli ufficiali dei Carabinieri Reali in Grecia, tra i quali lo stesso D'Aulisio, non può essere considerato come una Missione di pace, nel senso di "cooperazione tecnica", perché il servizio venne attuato nel quadro del primo conflitto mondiale, che si stava evolvendo, con numerose complicazioni, nei Balcani e nel Mediterraneo.
La Missione Militare Italiana di Controllo in Grecia, secondo l'interpretazione del D'Aulisio, doveva sorvegliare l'operato della Polizia locale e riferire sulle eventuali deficienze, illegalità o atti partigiani della Polizia stessa, nel controllare il progressivo concentramento delle truppe greche nel Peloponneso, a termine degli accordi intervenuti nella Commissione degli Addetti Militari delle potenze interessate. In realtà tutti gli ufficiali incaricati del controllo militare dovevano constatare in quale misura le autorità greche eseguivano gli accordi riguardanti il trasporto delle loro truppe e del loro materiale di guerra nel Peloponneso.
Si trattava di una Missione di Controllo puramente militare, posta agli ordini del generale divisionario francese Cauboue, Comandante in Capo degli Eserciti alleati che avevano sede a Salonicco e Comandante dell'Armata Francese d'Oriente. Agli effetti del Controllo il Comando avrebbe avuto però sede ad Atene, dove ogni Esercito alleato avrebbe avuto l'ufficiale più anziano nel grado impegnato nel servizio istituzionale, quale Comandante aggiunto presso quel Comando: questo incarico fu affidato al D'Aulisio che, rientrato in Grecia nel marzo 1916, dipendente direttamente dal Comando Italiano di Salonicco, vi sarebbe restato fino all'agosto dell'anno successivo.
Ebbe inoltre funzioni di Addetto Militare ad interim durante l'assenza del titolare colonnello, poi generale, Ernesto Mombelli. Anche in questa circostanza D'Aulisio dovette affrontare alcune difficoltà di collaborazione con gli altri ufficiali italiani preposti al Controllo, che coordinava con certa professionalità, ma anche con molta rudezza, quantomeno evidente nella sua corrispondenza con loro.
Le difficoltà contingenti che avevano determinato il ritiro della Missione erano da ascriversi a indubbie difficoltà di contrattazione, nonostante le pubbliche dichiarazioni; erano però da attribuirsi anche a quei dissidi interni alla Missione che non era stato possibile sanare se non con l'annullamento completo della stessa.
Già nel 1917 ripresero le trattative tra il Governo italiano e quello ellenico per un contratto con i Carabinieri Reali, sempre volto alla riorganizzazione della Gendarmeria. Furono analizzati con cura i contratti precedenti per apportare quelle modifiche che rendessero più agevole il lavoro degli ufficiali stranieri e non si dovessero ripetere spiacevoli episodi quali quelli verificatisi sotto il Governo Gunaris, ad esempio, quando si era tentato di mettere sotto processo disciplinare il capitano Giovenale, per alcune sue dichiarazioni sulla condotta dell'Italia nel conflitto e per non aver vestito l'uniforme greca. Quindi si tese a specificare in modo più preciso le attribuzioni della Missione, stabilendo chiaramente che i membri di essa sarebbero dipesi disciplinarmente soltanto dall'autorità del Capo Missione e dalle autorità militari italiane. La nuova Missione sarebbe stata composta dal tenente colonnello Capo Missione e da sette fra maggiori e capitani. Il contratto avrebbe avuto durata triennale. Il Governo greco aveva fretta di concludere.