1900 - 1914. Nell'Impero Celeste: funzioni di polizia e di controllo.

Un drappello di Carabinieri in Cina al tempo della rivolata dei Boxers: gli uomini dell'Arma erano impegnati in compiti di scorta e vigilanza.


Il 3 settembre partì per Napoli, diretto al Comando di quel Distretto Militare, un drappello di carabinieri destinati alla nostra Legazione in Cina, che avrebbe costituito il primo nucleo della presenza costante dell'Arma a Pechino. Costoro dovevano imbarcarsi sul piroscafo Marco Minghetti, in partenza il 5 settembre successivo per quelle lontanissime terre. Secondo le istruzioni diramate dalla Divisione Stato Maggiore del Ministero della Guerra, da applicarsi a tutte le unità che sarebbero state inviate in Cina, i militari avrebbero dovuto presentarsi col relativo armamento, ma senza munizioni, cui avrebbe provveduto il Distretto di Napoli. Tutti i militari a cavallo sarebbero dovuti partire senza quadrupedi e senza bardatura.
Il drappello dei carabinieri in partenza per Pechino era costituito dal brigadiere Giuseppe Rinaldi, della Legione di Napoli; dai carabinieri a piedi Angelo Cantoni (Legione di Verona), Massimo De Crescenzi (Legione di Roma), Antonio Fazzini (Legione di Ancona), Olivo Marsonet (Legione di Verona); dal brigadiere a cavallo Arturo Balbi (Legione di Bologna) e dal carabiniere a cavallo Francesco Romanelli (Legione di Firenze).
Nel 1905 il Comandante delle Regie Truppe in Cina, essendo stato messo al corrente della decisione del Governo di Roma di rimpatriare tutto il contingente di terra, eccezion fatta per gli uomini dell'Arma, propose di istituire la Stazione di Tien Tsin, dove gli italiani avevano avuto la "Concessione" dal Governo cinese nel 1902, con tutti i carabinieri a piedi, lasciandone la guida al maresciallo Luigi Fascina, che dal 1901 reggeva «con plauso» quel Comando: così si esprimeva il 26 febbraio 1905 il Ministero della Guerra in un suo dispaccio al Comandante Generale dell'Arma. Nel mese di maggio rimanevano in Cina, dopo il ritiro completo delle truppe italiane di terra, 12 militari dell'Arma, che restavano a Pechino di scorta alla Legazione e a Tien Tsin per il servizio di polizia nella Concessione italiana.
Di questi dodici uomini, otto appartenevano al drappello che si trovava già in Cina (quattro rientravano insieme con le altre truppe) e precisamente: il maresciallo a cavallo Luigi Fascina e il brigadiere a piedi Giuseppe Rinaldi (sopra citati); i carabinieri a cavallo Giuseppe Robo e Francesco Romanelli (sopra citato); i carabinieri a piedi Cantoni, Fazzini, Marzonet e De Crescenzi (sopra citati). Ad essi si aggiunsero, partendo da Napoli per l'Estremo Oriente il 14 marzo, sempre del 1905, il brigadiere a cavallo Giuseppe Artale, il carabiniere a cavallo Antonio Rasia, i brigadieri a piedi Crescenzo Di Massimo e Giuseppe Napoleoni e il carabiniere Liberato Spada.
Poiché in Cina erano rimaste solo truppe italiane appartenenti alla Regia Marina e di conseguenza l'assegnazione finanziaria per le spese della Missione era rimasta solamente a favore della Marina, i carabinieri passarono ad essere amministrati, invece che dal Distretto Militare di Napoli, dalla Legione Carabinieri di Napoli, che aveva preso accordi finanziari in tal senso con il Ministero della Marina: sinteticamente, mentre gli stipendi rimanevano a carico della Legione, le indennità di missione venivano amministrate dalla Marina Militare.
Come era avvenuto nelle altre occasioni in cui i Carabinieri si erano trovati ad esplicare funzioni di polizia e di controllo, si provvide ad istituire un Corpo di Polizia locale, da affiancare ai militari dell'Arma in missione. Seguendo le buone tradizioni dell'Arma, il maresciallo Fascina compilò un Regolamento dettagliato per organizzare il Corpo di Polizia italiana e soprattutto per indicare come ottenere e mantenere un ordine civile e una pubblica sicurezza. Il Corpo aveva in organico, oltre al maresciallo comandante la Stazione, sette carabinieri provenienti dall'Italia, quattro graduati e venti ausiliari locali.

Tien-Tsin, 1906: il carabiniere Liberato Spada con due agenti della polizia cinese dopo l'arresto di un membro della setta dei Boxers, che si opponeva alla presenza in Cina degli stranieri.Particolarmente interessante e originale, per gli standard europei, era la loro uniforme: copricapo nazionale mancese a forma di calottina in feltro nero, con fregio frontale in metallo bianco e fiamma dritta sopra scudo sabaudo; giubbetto imbottito con maniche a forma di ferro di cavallo, di tela grigio-azzurra, su pantaloni di tela dello stesso colore, chiusi alla caviglia. Sul lato destro del giubbetto vi era una coccarda tricolore. A completare l'abbigliamento, stivaletti di cuoio marrone. I componenti locali della Polizia al posto delle armi, che non erano stati allenati ad usare, avevano in dotazione un nodoso bastone, ritenuto evidentemente più persuasivo e meno pericoloso per chi lo portava.
È da notare che il Regolamento di Polizia stilato dal maresciallo Fascina era non solo un regolamento di applicazione militare, ma anche un insieme di norme del vivere civile. È ancora possibile consultarne il testo completo, anche perché fu pubblicato nel Bollettino italiano, la gazzetta ufficiale del Possedimento italiano in Cina: è probabilmente uno dei più anomali e interessanti tra i regolamenti preparati dall'Arma dei Carabinieri in missione all'estero. Alcune disposizioni possono sembrare, agli inizi del XX secolo, assurde... quali quelle che

«d'ora in poi le strade dovranno essere tenute e pulite. Tutti gli abitanti dovranno obbedire alla regola seguente: lo scarico della spazzatura e del fango dovrà essere effettuato nei luoghi dove sono le bandiere gialle, intorno alla caserma»,

ma dimostrano come l'opera dei Carabinieri all'estero si adattasse sempre alle necessità del luogo, cercando di armonizzare il vivere civile con le esigenze della sicurezza e dell'ordine, che sono peraltro quelle primarie di una vita organizzata e armonica.

Ancora un'immagine scattata nel Celeste Impero agli inizi del Novecento. Al centro della piazza si riconoscono alcuni militari dell'Arma.Il Regolamento venne applicato con ragionevole severità, ma in uno spirito di collaborazione con le popolazioni locali, tanto diverse per tradizioni e concezioni di vita, oltre che per lingua e costumi. I ministri italiani a Pechino e a Tien Tsin furono sempre molto soddisfatti dell'opera degli appartenenti all'Arma, proprio perché quei militari riuscivano a contemperare le esigenze di polizia con l'andamento normale della vita nella Concessione. Anzi, riuscivano a migliorare notevolmente, con il loro apporto umano e professionale, la qualità della vita a Tien Tsin.
L'Italia avrebbe tenuto la Concessione fino al 1938, quando vi fu l'occupazione giapponese del territorio cinese. Giuridicamente la Concessione venne meno alla fine del secondo conflitto mondiale.